giovedì 31 marzo 2011

capitolo 33 La storia di Aurora

Aurora

Quando restammo finalmente soli invitai Anuar ad accomodarsi sul lettino accanto a me, adagiai la mia testa sul suo petto e stretta nel caldo abbraccio del suo corpo gli raccontai la mia storia.
“Mia madre era inglese, aveva studiato arte all'università e lavorava per una piccola galleria di Londra, un giorno era a New York in cerca di nuovi pezzi quando incontrò mio padre, anche lui faceva il suo stesso lavoro, si innamorarono follemente... dopo pochi mesi si sposarono e  aprirono una loro galleria in quella città. 
Viaggiavano per il mondo in cerca di nuovi pezzi da aggiungere alle loro collezioni ed erano molto felici. Dopo alcuni anni di matrimonio decisero che era finalmente arrivato il momento di mettere radici, lasciarono il loro appartamento in affitto, comprarono una grande casa e dopo qualche mese nacqui io.
Forse non erano ancora pronti ad affrontare tutti quei cambiamenti nella loro vita ne tantomeno per il ruolo di genitori,  amavano viaggiare, non erano felici in quella nuova vita, pur amandomi immensamente ben presto decisero di riprendere i loro viaggi in giro per il mondo lasciandomi sola con una governante per lunghi periodi, divenni una bambina chiusa e taciturna.
Il primo giorno di scuola mi trovai a dividere il banco con una bambina dai folti capelli castani e dagli occhi color cioccolato.
“ciao io sono Francies” mi disse sorridendo. Quell'incontro cambiò la mia vita.
Francies era la figlia minore di un noto imprenditore nel campo dell'abbigliamento, allegra e spensierata era tutto il contrario di me, diventammo subito amiche per la pelle, stavamo sempre insieme, molte volte finita la scuola andavamo a fare i compiti a casa sua, lei aveva due sorelle più grandi a cui rubavamo scarpe e vestiti per giocare, incorrendo nelle loro ire... insieme a lei ho riscoperto la gioia di essere bambina.

Poi un brutto giorno, avevo circa 14 anni, il mondo mi crollò addosso... quel giorno rimarrà per sempre impresso nella mia memoria. 
Avevo sentito mia madre al telefono la sera prima, mi aveva promesso che sarebbero venuti ad aspettarmi all'uscita di scuola, mi disse che avevano qualcosa di importante da dirmi ed io quella mattina non riuscivo a concentrarmi su nulla tanto era il desiderio di riabbracciarli. 
Continuavo a girarmi verso la grande finestra sempre più impaziente attirando l'attenzione dei miei compagni e degli insegnanti che mi avevano ripreso per tutta la mattina, solo Francies che sapeva il motivo della mia agitazione ogni tanto si girava verso di me e mi sorrideva.
Quando udii il suono della campana, gettai le mie cose alla rinfusa dentro lo zaino e poi mi precipitai correndo fuori dalla porta.
Dovevo essere stata molto veloce perché contrariamente dal solito fui la prima ad uscire dall'istituto. Mi guardai intorno cercando l'auto dei miei genitori tra le tante automobili che erano in attesa degli studenti ma non la vidi, forse erano leggermente in ritardo, nel frattempo tutti gli altri iniziarono ad uscire dalla scuola, mi misi da parte per lasciarli passare, alcune mie compagne si girarono verso di me con aria interrogativa. 
Aspettai che tutti fossero usciti e poi mi misi a sedere su uno dei gradini, Francies mi raggiunse e si sedette al mio fianco, ma non venne nessuno, rimanemmo sedute su quel gradino per molto tempo, poi ormai molto delusa mi inacamminai verso casa mentre Francies cercava di consolarmi elencandomi mille validi motivi per giustificare la loro assenza. 
Quando arrivai a casa vidi che nel vialetto era parcheggiata un'auto della polizia... i miei genitori erano morti in un incidente d'auto mentre stavano tornando a casa. 
Il mondo mi crollò addosso, non riuscivo a respirare, un dolore acuto mi squarciò il petto, non sentii più nulla di quello che mi stava dicendo, chiusi gli occhi e mi abbandonai al dolore.
Francies fu l'unica persona a cui permisi di stare vicino a me in quei giorni in cui non volevo vedere nessuno schiacciata da un dolore più grande di me. Lei c'era sempre stata quando avevo avuto bisogno d'aiuto ed anche quella volta non si era tirata indietro.
Purtroppo non avendo parenti in America i miei genitori nel loro testamento mi avevano affidata ad una vecchia zia di mia madre che abitava a Londra, non sarei voluta partire ma purtroppo non ebbi scelta.
Pensavo che con la distanza anche lo splendido rapporto di amicizia che avevo con Francies si sarebbe deteriorato perdendo così anche una sorella, ma mi sbagliavo... nonostante la lontananza la nostra amicizia si è sempre mantenuta nel tempo ed anzi si è fortificata, tutti gli anni veniva in Inghilterra a trovare dei parenti e passavamo le vacanze estive insieme.
Anche Francies ha dovuto affrontare moltissime avversità, prima la morte del padre che amava infinitamente e poi il fallimento della ditta di famiglia che lei reputava fosse stata colpa sua... era scappata via da tutto e da tutti, lasciandosi indietro la vita passata, l'avevo ospitata e aiutata a superare i momenti difficili come lei aveva fatto con me. Felice di essere io per una volta ad aiutarla.
Negli ultimi anni ci siamo viste più raramente per via del lavoro che ci porta via molto tempo, lei ha trasformato quella che era nata come una passione in un lavoro vero e proprio diventando un apprezzata stilista di gioielli, ed io ho seguito le orme dei miei genitori e lavoro nella direzione di una grossa galleria d'arte a Londra, molte volte ho pensato di ritrasferirmi in America ma non ho mai trovato il coraggio per farlo, troppi brutti ricordi mi legano a quei luoghi nonostante siano passati svariati anni la mia ferita è ancora aperta.
Quando sono tornata a casa, lo scorso autunno completamente distrutta pensando che mi avessi abbandonata, era lì ad attendermi all'aeroporto, nonostante si fosse da poco innamorata di uno degli uomini più desiderati del mondo, ha lasciato tutto ed è venuta a Londra per me.
È stata lei a a tirarmi fuori dal baratro nel quale mi stavo cacciando, a darmi la forza di andare avanti quando tutto mi sembrava impossibile, è stata lei a capire per prima che i miei continui malori erano dovuti ad una gravidanza ed è venuta con me quando ho fatto la prima ecografia del nostro bambino... “
“se non sapessi che è una donna ne sarei geloso... e forse un po' lo sono lo stesso... avrei dovuto esserci io vicino a te in quel momento... scusa se hai dovuto soffrire così tanto per colpa mia... se solo avessi immaginato quello che stava per succedere non ti avrei mai e poi mai lasciata sola ma scoprirò che cosa è successo quel giorno nella tenda, nessuno aveva il diritto di intromettersi tra noi due e di portarti via da me...”

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