giovedì 31 marzo 2011

capitolo 33 La storia di Aurora

Aurora

Quando restammo finalmente soli invitai Anuar ad accomodarsi sul lettino accanto a me, adagiai la mia testa sul suo petto e stretta nel caldo abbraccio del suo corpo gli raccontai la mia storia.
“Mia madre era inglese, aveva studiato arte all'università e lavorava per una piccola galleria di Londra, un giorno era a New York in cerca di nuovi pezzi quando incontrò mio padre, anche lui faceva il suo stesso lavoro, si innamorarono follemente... dopo pochi mesi si sposarono e  aprirono una loro galleria in quella città. 
Viaggiavano per il mondo in cerca di nuovi pezzi da aggiungere alle loro collezioni ed erano molto felici. Dopo alcuni anni di matrimonio decisero che era finalmente arrivato il momento di mettere radici, lasciarono il loro appartamento in affitto, comprarono una grande casa e dopo qualche mese nacqui io.
Forse non erano ancora pronti ad affrontare tutti quei cambiamenti nella loro vita ne tantomeno per il ruolo di genitori,  amavano viaggiare, non erano felici in quella nuova vita, pur amandomi immensamente ben presto decisero di riprendere i loro viaggi in giro per il mondo lasciandomi sola con una governante per lunghi periodi, divenni una bambina chiusa e taciturna.
Il primo giorno di scuola mi trovai a dividere il banco con una bambina dai folti capelli castani e dagli occhi color cioccolato.
“ciao io sono Francies” mi disse sorridendo. Quell'incontro cambiò la mia vita.
Francies era la figlia minore di un noto imprenditore nel campo dell'abbigliamento, allegra e spensierata era tutto il contrario di me, diventammo subito amiche per la pelle, stavamo sempre insieme, molte volte finita la scuola andavamo a fare i compiti a casa sua, lei aveva due sorelle più grandi a cui rubavamo scarpe e vestiti per giocare, incorrendo nelle loro ire... insieme a lei ho riscoperto la gioia di essere bambina.

Poi un brutto giorno, avevo circa 14 anni, il mondo mi crollò addosso... quel giorno rimarrà per sempre impresso nella mia memoria. 
Avevo sentito mia madre al telefono la sera prima, mi aveva promesso che sarebbero venuti ad aspettarmi all'uscita di scuola, mi disse che avevano qualcosa di importante da dirmi ed io quella mattina non riuscivo a concentrarmi su nulla tanto era il desiderio di riabbracciarli. 
Continuavo a girarmi verso la grande finestra sempre più impaziente attirando l'attenzione dei miei compagni e degli insegnanti che mi avevano ripreso per tutta la mattina, solo Francies che sapeva il motivo della mia agitazione ogni tanto si girava verso di me e mi sorrideva.
Quando udii il suono della campana, gettai le mie cose alla rinfusa dentro lo zaino e poi mi precipitai correndo fuori dalla porta.
Dovevo essere stata molto veloce perché contrariamente dal solito fui la prima ad uscire dall'istituto. Mi guardai intorno cercando l'auto dei miei genitori tra le tante automobili che erano in attesa degli studenti ma non la vidi, forse erano leggermente in ritardo, nel frattempo tutti gli altri iniziarono ad uscire dalla scuola, mi misi da parte per lasciarli passare, alcune mie compagne si girarono verso di me con aria interrogativa. 
Aspettai che tutti fossero usciti e poi mi misi a sedere su uno dei gradini, Francies mi raggiunse e si sedette al mio fianco, ma non venne nessuno, rimanemmo sedute su quel gradino per molto tempo, poi ormai molto delusa mi inacamminai verso casa mentre Francies cercava di consolarmi elencandomi mille validi motivi per giustificare la loro assenza. 
Quando arrivai a casa vidi che nel vialetto era parcheggiata un'auto della polizia... i miei genitori erano morti in un incidente d'auto mentre stavano tornando a casa. 
Il mondo mi crollò addosso, non riuscivo a respirare, un dolore acuto mi squarciò il petto, non sentii più nulla di quello che mi stava dicendo, chiusi gli occhi e mi abbandonai al dolore.
Francies fu l'unica persona a cui permisi di stare vicino a me in quei giorni in cui non volevo vedere nessuno schiacciata da un dolore più grande di me. Lei c'era sempre stata quando avevo avuto bisogno d'aiuto ed anche quella volta non si era tirata indietro.
Purtroppo non avendo parenti in America i miei genitori nel loro testamento mi avevano affidata ad una vecchia zia di mia madre che abitava a Londra, non sarei voluta partire ma purtroppo non ebbi scelta.
Pensavo che con la distanza anche lo splendido rapporto di amicizia che avevo con Francies si sarebbe deteriorato perdendo così anche una sorella, ma mi sbagliavo... nonostante la lontananza la nostra amicizia si è sempre mantenuta nel tempo ed anzi si è fortificata, tutti gli anni veniva in Inghilterra a trovare dei parenti e passavamo le vacanze estive insieme.
Anche Francies ha dovuto affrontare moltissime avversità, prima la morte del padre che amava infinitamente e poi il fallimento della ditta di famiglia che lei reputava fosse stata colpa sua... era scappata via da tutto e da tutti, lasciandosi indietro la vita passata, l'avevo ospitata e aiutata a superare i momenti difficili come lei aveva fatto con me. Felice di essere io per una volta ad aiutarla.
Negli ultimi anni ci siamo viste più raramente per via del lavoro che ci porta via molto tempo, lei ha trasformato quella che era nata come una passione in un lavoro vero e proprio diventando un apprezzata stilista di gioielli, ed io ho seguito le orme dei miei genitori e lavoro nella direzione di una grossa galleria d'arte a Londra, molte volte ho pensato di ritrasferirmi in America ma non ho mai trovato il coraggio per farlo, troppi brutti ricordi mi legano a quei luoghi nonostante siano passati svariati anni la mia ferita è ancora aperta.
Quando sono tornata a casa, lo scorso autunno completamente distrutta pensando che mi avessi abbandonata, era lì ad attendermi all'aeroporto, nonostante si fosse da poco innamorata di uno degli uomini più desiderati del mondo, ha lasciato tutto ed è venuta a Londra per me.
È stata lei a a tirarmi fuori dal baratro nel quale mi stavo cacciando, a darmi la forza di andare avanti quando tutto mi sembrava impossibile, è stata lei a capire per prima che i miei continui malori erano dovuti ad una gravidanza ed è venuta con me quando ho fatto la prima ecografia del nostro bambino... “
“se non sapessi che è una donna ne sarei geloso... e forse un po' lo sono lo stesso... avrei dovuto esserci io vicino a te in quel momento... scusa se hai dovuto soffrire così tanto per colpa mia... se solo avessi immaginato quello che stava per succedere non ti avrei mai e poi mai lasciata sola ma scoprirò che cosa è successo quel giorno nella tenda, nessuno aveva il diritto di intromettersi tra noi due e di portarti via da me...”

mercoledì 30 marzo 2011

capitolo 32 Un altro risveglio


Aurora

Percepii in lontananza la voce di Anuar... mi stava chiamando... ma per quanto tentassi di farlo, mi era impossibile rispondere, era come se fossi stata trasportata in un mondo parallelo dove potevo sentire quello che succedeva tutto attorno a me, ma il mondo non poteva sentirmi.
Le mie labbra erano arse da una gran sete che mi attanagliava la gola, mentre i brividi scuotevano tutto il mio corpo, ogni tanto avvertivo qualcosa di fresco sulle tempie dare sollievo alle fiamme che mi bruciavano dentro ma era una sensazione passeggera.
Ad un certo punto mi giunse il suono di una voce sconosciuta, stava parlando con Anuar, sembrava molto preoccupato, dopo poco sentii qualcuno avvicinarsi... mi tastò le tempie e l'addome,  mi infilò qualcosa di freddo  tra le labbra, poi una fitta nell'incavo del braccio...lo scorrere del liquido nelle vene... e ancora una volta più nulla. 
Non so per quanto tempo restai in quelle condizioni,  quando finalmente riuscii ad aprire gli occhi non capii subito dove mi trovassi lo sguardo ancora offuscato e la testa che continuava a girarmi non mi permetteva di vedere distintamente le cose. Provai a richiudere e poi riaprire le palpebre alcune volte, e finalmente riuscii a mettere a fuoco quello che mi circondava, e ne rimasi sconvolta. 
Non c'erano più le stelle sopra di me... non ero più nel deserto, una debole luce filtrava da una piccola finestra, lasciandomi intravedere il profilo di un lettino vuoto proprio accanto al mio, osservai le mie braccia abbandonate sulla coperta e scorsi un tubicino che si inerpicava sino a raggiungere la sacca contenente il liquido della flebo appesa ad un gancio vicino alla testata del letto... un ospedale!
Il mondo mi crollò addosso... lacrime amare mi scesero dagli occhi mentre cercavo di sollevarmi sul cuscino, ma qualcosa pesava sul mio ventre costringendomi a stare ferma in quella posizione... possibile che mi avessero legato al letto? non volevo rivivere la sofferenza di qualche mese prima.
Volevo assolutamente uscire da quel posto!
Allungai la mano più che potei cercando qualcosa a cui aggrapparmi per riuscire a sollevarmi e rimasi sorpresa quando coi polpastrelli sfiorai qualcosa di morbido e setoso, mi sforzai di alzarmi il più possibile per cercare di vedere che cosa fosse. Seduto su una sedia accanto al letto c'era qualcuno che addormentandosi aveva abbandonato la testa sul mio grembo... Anuar !
Era il suo peso a trattenermi inchiodata al letto. Continuai ad accarezzare le sue morbide chiome brune cercando di non turbare il suo sonno, chissà che bello spavento gli avevo fatto prendere! Dopo alcuni minuti si voltò verso di me ed aprì gli occhi, sembrò non rendersi conto di dove si trovasse, poi si alzò di scatto prese la mia mano intrecciandola tra le sue e la baciò dolcemente, nella penombra  mi parve di scorgere una lacrima rigargli il volto...
“Aurora... dimmi che non sto sognando!”
Mi disse mentre mi stringeva a se cercando di non smuovere i tubicini e ancora incredulo, mi baciò sulla fronte.
“Anuar... che mi è successo... il... il bambino...” chiesi con un filo di voce mentre il fiato  mi moriva in gola pronunciando quell'ultima frase.
Non avevo più pensato alla mia gravidanza fino a quel momento, era successo tutto così in fretta... prima il risveglio in quella stanza di ospedale che mi aveva fatto precipitare nel panico e poi la vista di Anuar,  l'avevo quasi dimenticato... volevo quel bambino con tutta me stessa, e il solo pensiero che gli fosse capitato qualcosa mi faceva impazzire.
"è stata l'acqua del pozzo che hai ingerito quando quel tipo ti ha spinto la testa sott'acqua, sei stata molto male avevi la febbre altissima.... deliravi..."
Non lo lascia finire, avevo bisogno di sapere che il bambino c'era ancora, che stava bene... non sarei  riuscita a sopportare anche quella perdita, già troppi dolori avevano sconvolto la mia vita.
"Ti prego, Anuar... dimmi... il bambino..." lo supplicai sull'orlo delle lacrime. 
"il bambino sembra che stia bene, anche se il dottore deve avere ancora alcuni risultati delle analisi che ti ha fatto...”
“... ho paura... e se gli fosse successo qualcosa?”
“shhh... calmati... non devi agitarti... sono sicuro che andrà tutto bene... però ora devi riposare o il dottore mi caccerà via”
Le sue labbra si posarono leggere sulle mie in un bacio dolcissimo, poi si sedette accanto a me sul lettino tenendomi stretta contro il suo petto, mi lasciai cullare dai battiti del suo cuore, restammo così... abbracciati in silenzio per lungo tempo, ogni tanto sentivo le sue labbra sfiorarmi la fronte leggere.
Nella penombra della stanza l'unico rumore era quello dei nostri respiri.
“Aurora... sei sveglia?” mi disse all'improvviso.
“Sì”
“ti devo chiedere una cosa..." sembrava quasi a disagio, lo guardai intensamente negli occhi  ed aspettai che si decidesse a parlare.
"chi è Francies? Nel delirio della febbre hai pronunciato moltissime volte quel nome” 
Sorrisi, al ricordo della mia più cara amica... quanto mi mancava Francies... erano secoli che non parlavo con lei, a parte qualche sporadica lettera che le avevo inviato, non le avevo fatto sapere più nulla. Doveva essere molto in pensiero, non eravamo mai state così tanto tempo senza sentirci.
“Francies è la mia più cara amica, anzi per me è una vera e propria sorella, mi è sempre stata vicina nei momenti bui della mia esistenza..."
"Come quando hai creduto che io ti avessi allontanata da me?"
"Sì... ma non solo, ci sono tante cose di me che non conosci ancora.."
 "Avresti voglia di parlarmene? voglio sapere ogni cosa di te!"
in quel momento sentimmo bussare alla porta, e  il dottore entrò nella stanza.
"buonasera... finalmente si è svegliata,lo sa che ci ha fatto prendere proprio un bello spavento... come si sente oggi?" mi chiese mentre prendeva il mio polso tra le sue mani e contava i miei battiti.
"un pò debole... dottore come sta il mio bambino?"
"stia tranquilla, ho appena ricevuto i risultati delle ultime analisi, fortunatamente il bambino sta bene, non ha riportato conseguenze, però d'ora in poi dovrà riguardarsi... basta girovagare nel deserto e dormire sotto le stelle... ok?" 
"Certamente... grazie dottore, per tutto quello che ha fatto per noi!" gli rispose Anuar stringendogli la mano.
"è stato un piacere esservi stato d'aiuto, ora vado, vi lascio un pò soli... tornerò a visitarla domani" 
"non la faccia stancare troppo, ha ancora qualche linea di febbre ed è  molto debole " disse rivolgendosi ad Anuar,  poi ci salutò e ci lasciò soli.

martedì 29 marzo 2011

capitolo 31 pericolo scampato




Anuar

Vegliai tutta la notte su di lei cambiandole di continuo la pezza bagnata sulla fronte e cercando di farle bere qualcosa per evitare che si disidratasse, nel delirio la sentivo pronunciare il mio nome “Anuar...dove sei?... torna da me..." sembrava tornata indietro nel tempo, come se la giornata appena trascorsa insieme non ci fosse mai stata... nella sua mente era ripiombata nella sofferenza che aveva vissuto in tutti quei mesi in cui era stata lontana da me. Non sapevo come aiutarla.
"Francies ti prego... aiutami...” improvvisamente quelle parole mi colpirono come un fulmine, chi era Francies? e perchè chiedeva aiuto a quella persona invece che a me?
Quando le prime luci dell'alba iniziarono ad illuminare del loro fiocco bagliore il deserto , scorsi i fari di una jeep che si stavano avvicinando, finalmente Hamed era di ritorno col dottore. 
Lasciai per un attimo il suo capezzale ed andai loro incontro.
"buongiorno dottore... la ringrazio di essere venuto..." dissi stringendogli la mano, " è stata male tutta la notte, ho cercato di abbassarle la febbre... il bambino... la prego... faccia qualcosa” ero disperato mi strinsi la testa tra le mani sull'orlo delle lacrime.
“non si preoccupi, ora ci penso io... vada a riposarsi un po', vedrò che si può fare”
Non avrei voluto lasciarla, ma il dottore non volle sentire ragioni, quindi andai a sedermi sull'orlo della vasca mentre  la visitava con cura, lo vidi iniettarle qualcosa nel braccio, e poi inserirle una sacca della flebo, quando vidi che la visita era finita, non potendo più resistere, corsi da lui in cerca di spiegazioni.
“la prego dottore, mi dica che sta bene... che non è successo niente al bambino...”
“è molto disidratata e la febbre è ancora molto alta, bisogna trasportarla subito in ospedale dove potrò prendermi meglio cura di lei, per quanto riguarda il bambino non potrò pronunciarmi finché non sarò riuscito a farle gli esami necessari, comunque ha bisogno di estremo riposo, non dovrebbe dormire sulla nuda terra nelle sue condizioni ”
Il dottore aveva ragione, quello non era un ambiente adatto a sostenere una gravidanza ma non volevo portarla in ospedale, se qualche mese prima qualcuno le aveva fatto credere di essere stata in coma, anche questa volta avrebbero potuto fare altrettanto, non volevo che mio padre venisse a conoscenza della sua presenza al mio fianco, ne tanto meno volevo che venisse a conoscenza del suo stato, non doveva sospettare nulla, volevo parlargliene prima io, e lo avrei fatto non appena lei fosse stata meglio. Parlai francamente col dottore circa i miei dubbi e lui si offrì di curarla nel suo ambulatorio. 
Lo ringraziai ripetutamente e poi scendemmo verso la jeep, dovevamo trovare il modo di trasportarla, cercando di farla stare il più comodamente possibile.
Levammo i sedili posteriori facendo in modo di creare un ambiente il più comodo possibile per lei, poi la distendemmo sul giaciglio improvvisato e ci avviammo molto lentamente verso la città.
Hamed cercava in tutti i modi di evitare gli sbalzi del terreno, ma ogni tanto una buca improvvisa scuoteva l'abitacolo facendoci sobbalzare, quando succedeva vedevo il suo viso contrarsi in smorfie di dolore che mi facevano impazzire. Avrei voluto essere io al suo posto, in fondo era colpa mia se si trovava distesa su quel materassino in quelle condizioni.
Arrivammo alla cittadina verso l'ora di pranzo, raggiungemmo la casa del dottore e molto cautamente la trasportammo all'interno dove era stato allestito un piccolo ambulatorio.
La stanza non era molto grande, ma ben pulita, adagiammo Aurora su uno dei due lettini e poi il dottore ci fece uscire per poter meglio eseguire i suoi esami.
La visita mi sembrò durare un'infinità, continuavo a percorrere il corridoio avanti e indietro come un animale in gabbia, avrei voluto spalancare quella porta e poter stare con lei, stringerle la mano, sussurrarle quanto la amassi nell'orecchio ed invece dovevo rimanere lì in attesa... mi sentivo sempre più inutile.
Finalmente vidi il dottore uscire dalla porta e venire verso di me, gli andai incontro “la prego dottore mi dica come sta...”
“si calmi.. tutto sommato sta abbastanza bene, la febbre è scesa dopo l'iniezione che le ho fatto, però è molto debole...”
“e il bambino? ”
“il bambino sembra stare bene ma potrò dirglielo con sicurezza solo quando avrò l'esito degli esami che le ho fatto... comunque resta il fatto che il deserto non è un ambiente consono a portare avanti una gravidanza”
“ Sì lo so... grazie dottore, posso entrare adesso?”
“certo, resti pure con lei però cerchi di non svegliarla, e di non farla agitare”.
Entrai nella stanza senza far rumore, era distesa sul lettino, il viso pallido sembrava sereno, andai accanto al letto, le posai un leggero bacio sulla fronte... era così fragile e indifesa! avrei tanto voluto stringerla a me ma non volevo svegliarla, avvicinai la seggiola al letto e mi sedetti appoggiando la testa sul suo grembo... non so come mi addormentai.

lunedì 28 marzo 2011

capitolo 30 Conseguenze


Anuar
Aprii gli occhi, la luna era alta nel cielo, mi voltai verso Aurora col desiderio di stringerla tra le braccia ma lei non c'era, il giaciglio accanto a me era freddo, attesi qualche minuto che mi parvero anni mentre una strana ansia mi stringeva lo stomaco, poi non vedendola arrivare mi alzai e cominciai a vagare lì intorno cercando di scovare il suo profilo... ma niente, tutto intorno non si vedeva nessuno, il silenzio era rotto solo dal lieve frusciare del vento tra le fronde delle palme.
Mi rivestii in fretta, dovevo assolutamente trovarla, dove poteva essere andata? Sapeva quanto fosse pericoloso avventurarsi in giro la notte, oltretutto in quel posto era facile incontrare serpenti e scorpioni attirati dalla vicinanza dell'acqua.
Corsi giù per la collina ed andai a cercare Karim, avevo bisogno del suo aiuto per ritrovarla... il suo russare si sentiva già a distanza, entrai nella sua tenda di corsa cercando di svegliarlo,  “Karim... Karim svegliati!” 
Aprì un occhio ancora intontito dal sonno.. “ che ti prende Anuar, che c'è da urlare così nel cuore della notte?”
E' scomparsa Karim, mi sono svegliato e lei non c'era più.. la dobbiamo assolutamente trovare”, balzò in fretta su dal giaciglio pronto ad aiutarmi come sempre, quando uscimmo dalla tenda c'era Hamed ad aspettarci, aveva sentito tutto ed anche lui era pronto ad unirsi alle ricerche.
Ci dividemmo ed iniziammo a cercare le sue tracce partendo dalla base della piccola altura, non sarebbe stato facile, la terra era stata calpestata da troppe persone nelle ultime ore, iniziai a disperare, ma questa volta non mi sarei arreso, a costo di dover passare la sabbia del deserto granello per granello.
Mi avvicinai alla base della collina, attirato da un acre odore che ben conoscevo... e lei era là distesa tra gli steli rinsecchiti, col volto contratto da una smorfia di dolore, la sentii bisbigliare il mio nome... corsi verso di lei col cuore in gola.
Aurora... che ti è successo...” le chiesi in preda al panico, ma lei non riuscì a rispondermi, il corpo era scosso dai brividi della febbre. Aprì gli occhi e sembrò volermi dire qualcosa, ma poi si girò dalla parte opposta ed un getto di vomito uscì dalle sue labbra, mentre le sue braccia corsero ad abbracciare il ventre.
La presi tra le braccia, cercando di non farle del male, e poi corsi verso il riparo degli alberi, quando giunsi nei pressi vidi le sagome di Karim ed Hamed venirmi incontro.
che succede.. che cos'ha?” mi chiesero all'unisono, ma non sapevo che rispondergli... ero dilaniato dalla paura... La adagiai sul materasso e la coprii con entrambi i sacchi a pelo cercando di riscaldarla.
non so cosa le sia successo, l'ho trovata così ai piedi della collina, ha la febbre molto alta e non fa altro che vomitare e... non vorrei fosse stato un serpente o uno scorpione”.
Karim non mi lasciò finire la frase “penso di sapere io che cos'ha.." Lo guardai sorpreso da quelle parole... aspettando che continuasse il suo discorso. 
"è stato Richter.. quando le ha spinto la testa sott'acqua questo pomeriggio deve averne ingerito un po'... lei non ha i nostri anticorpi.. e poi nelle sue condizioni.. ” 
Hamed era rimasto a bocca aperta a sentire quelle parole.. non gli avevamo riferito quanto era successo quel pomeriggio, Aurora non aveva voluto dirgli niente per non farlo sentire in colpa.
“ è colpa mia, non avrei mai dovuto lasciarla da sola, ma ha tanto insistito... mi dispiace... dobbiamo portarla subito in un ospedale ”
No Hamed, tu non hai nessuna colpa... non penso che sia la soluzione giusta... farle fare un viaggio di notte nelle sue condizioni, non vorrei peggiorare la situazione.. forse potrei vedere se nel suo bagaglio ha qualcosa che potrebbe aiutarla a stare meglio solo che non so!” dissi stringendomi la testa tra le mani... non riuscivo a pensare lucidamente, il solo pensiero che potesse succederle qualcosa mi devastava... mi sentivo completamente impotente
sentite, mio cugino è medico, vive a Farafra, potrei andare da lui con la jeep e chiedergli di venire qui... nel giro di qualche ora potrei essere di ritorno con lui”
A quelle parole uno spiraglio di luce si apri nel mio cuore. 
grazie Hamed, ti sarò sempre debitore” mi feci coraggio e cercai di prendere in mano la situazione.
“Karim, dobbiamo abbassarle la febbre intanto che aspettiamo il ritorno di hamed... ho bisogno di acqua fredda e di qualche pezza di stoffa”.

giovedì 24 marzo 2011

capitolo 29 Il ritorno di Hamed

Aurora
Un Faraone.. quello splendido uomo che mi stava stringendo tra le braccia era un Faraone!!! se fosse stato qualcun altro a raccontarmi quella storia lo avrei preso per un pazzo ma raccontata da lui aveva perfettamente senso. Quando alla fine del suo racconto mi chiese che cosa stessi pensando gli chiesi soltanto perché non mi aveva raccontato prima quella storia, mi avrebbe evitato tanta sofferenza inutile.
non potevo Aurora, a dire il vero non avrei dovuto raccontarti nulla neanche adesso ma non posso rischiare di perderti un altra volta, non mi importa se così facendo attirerò su di me le ire di mio padre e del grande sacerdote... io... io ti amo Aurora... penso di averlo saputo fin dal primo momento in cui i tuoi occhi hanno incontrato i miei, sono stato uno stupido...”
Quelle ultime parole ebbero l'effetto di un balsamo per il mio cuore, gli posai un dito sulle labbra, “shhhh... non dire altro... anch'io ti amo e solo questo conta per me!!!” non avevo bisogno di sentire altro, lui mi amava ed io amavo lui con tutta me stessa, solo quello contava per me.
Attirai il suo viso verso di me e lo baciai a lungo godendo del sapore delle sue labbra. Fu un bacio dolcissimo, avrei voluto che non finisse mai più.
Il sole era tramontato scrivendo la parola fine su quella giornata che era iniziata come un incubo ma che si era trasformato in uno splendido sogno. Eravamo ancora sdraiati sull'erba ai piedi di una delle quattro palme nudi, abbracciati, coperti solo in parte dal suo mantello, gli steli d'erba mossi dalla brezza mi solleticavano le gambe facendomi sorridere mentre ispiravo il delizioso profumo della sua pelle e mi stringevo a lui accarezzando quel piccolo tatuaggio sopra il suo cuore che sentivo battere all'unisono con il mio, mi sentivo felice come non mai.
Ad un tratto mi giunsero all'orecchio delle voci agitate provenire dal basso, anche Anuar parve accorgersi del battibecco, si alzò di scatto e si rivestì in fretta, e anch'io feci lo stesso anche se ero molto impacciata nei movimenti.
Avevo appena finito di infilare uno dei miei vestiti di lino leggero quando vidi un ombra palesarsi da dietro il fusto di una palma seguito a gran passo dal tipo che mi teneva sulle spalle, Anuar si parò di fronte a me   facendomi scudo col suo corpo. Ormai si era fatto scuro, la notte scende in fretta nel deserto, non riuscivo a scorgere che le ombre delle persone davanti a noi, il colosso aveva stretto nella sua morsa il nuovo venuto. signorina Aurora sta bene?” sentii gridare.
Era Hamed, doveva essere ritornato con le nostre provviste e si era ritrovato davanti gli uomini di Anuar, mi ero completamente dimenticata di lui, povero Hamed, chissà cosa poteva aver pensato che mi fosse successo. “si Hamed, mai stata meglio” gli risposi cercando di tranquillizzarlo. 
Circondai con le braccia la vita di Anuar stringendolo a me, cercando di allentare la tensione che quell'arrivo inaspettato aveva provocato in lui “calmati, è Hamed, il mio accompagnatore, è lui che mi ha aiutato ad affrontare questo viaggio alla tua ricerca” gli sussurrai all'orecchio. Quelle parole sembrarono sortire il loro effetto, sentii i suoi muscoli cedere al mio contatto e rilassarsi .
Hamed, ti presento Anuar, è lui che ho cercato per tutto questo tempo...” anche Hamed sembrò rilassarsi e si inchinò di fronte ad Anuar.
Non riuscivo a capire più niente. Dovevo avere una faccia alquanto ridicola, Anuar mi tirò al suo fianco sorridendo, mi baciò sulla fronte e poi strinse la mano ad Hamed
Grazie Hamed, per tutto quello che hai fatto per lei, ti sarò sempre grato per averla riportata sana e salva da me!”
E' stato un piacere ed un onore per me principe Anuar!”
come mai voi due vi conoscete?” chiesi guardando con aria stupita prima Hamed e poi Anuar.
vedi Aurora, molti del mio popolo lavorano e abitano nelle oasi al limitare del deserto, ed Hamed è uno dei tanti, è necessario per la sopravvivenza della nostra comunità tenere sotto controllo l'ambiente che ci circonda”.
Quindi Hamed sapeva chi era... se gli avessi detto sin dal primo momento chi stavo cercando, forse non avrei penato così tanto per trovarlo... comunque ormai tutto si era risolto per il meglio, era inutile rimuginare sul passato.
Il mio stomaco emise uno strano brontolio. che ne dite di andare a mangiare qualcosa? Sto morendo di fame!!!” gli dissi prendendo il mio bel principe sotto braccio.
buonissima idea!” mi risposero all'unisono.
Scendemmo dalla collinetta formata dalle radici delle quattro palme e ci dirigemmo verso il piccolo campo sottostante che gli uomini di Anuar avevano allestito per quella notte.
Le fiamme del falò illuminavano la notte dando un'atmosfera magica a tutto quello che ci circondava, la carne rosolava lentamente sullo spiedo lasciando vagare nell'aria il suo delizioso aroma... avvertii ancora una volta il brontolio allo stomaco e un lievissimo movimento al basso ventre mi avvertì che non ero la sola ad avere fame.
Ci sedemmo a gambe incrociate sui tappeti disposti a ferro di cavallo intorno al falò, mangiammo a sazietà tra le risate e gli scherzi. Fu una serata stupenda, dopo cena gli uomini tirarono fuori alcuni strumenti musicali ed iniziarono a suonare le loro melodie.
Ad un certo punto Anuar si alzò in piedi, mi prese per mano e mi invitò a ballare, sentii il sangue imporporarmi le guance, non ero mai stata una gran ballerina, e la musica araba non la sapevo ballare, e per di più davanti agli occhi di tutti, ma lui sembrò leggermi nel pensiero, avvicinò le sue labbra al mio orecchio e mi sussurrò : “fidati di me... ho voglia di stringerti tra le braccia... lasciati andare, ti guiderò io!”.
Gli posai le braccia dietro la nuca, appoggiai il capo sul suo petto e chiusi gli occhi lasciandomi trasportare da lui. Sentivo il suo respiro caldo sfiorarmi la fronte, mi lasciai andare completamente... il ritmo regolare del suo cuore sotto il mio orecchio era l'unica musica che i miei sensi riuscivano a percepire. Non so per quanto tempo continuammo a ballare così stretti l'uno tra le braccia dell'altro. Poi all'improvviso la sua voce mi riportò alla realtà. 
Aurora?”
Sollevai il capo, la luna stava sorgendo all'orizzonte facendo risplendere i suoi capelli come se fossero circondati da un'aureola, e naufragare nei suoi occhi fu un attimo... “sì?” gli risposi con quel poco di fiato che mi era rimasto in gola.
che ne diresti di tornare sotto la nostra palma?” mi chiese con uno sguardo carico di desiderio.
dico che è un'ottima idea!!” gli risposi sorridendo. Intorno a noi non c'era più nessuno, si erano ritirati tutti lasciandoci soli. Mi sollevò tra le braccia e si avviò su per la collinetta a grandi falcate. 
Quando arrivammo alla piccola radura, notai che qualcuno aveva sistemato sul terreno nel piccolo spazio tra i fusti delle palme un paio di materassini da campeggio, probabilmente era stato Hamed a comprarli, durante la sua visita in città di quel pomeriggio. Povero ragazzo! Doveva essersi accorto di come era diventato faticoso per me dormire sul nudo terreno nelle mie condizioni, lo avrei ringraziato di quella piccola ma grande cortesia nei miei confronti. Avevo fatto bene a fidarmi di lui quel primo giorno.
Arrivati nei pressi del giaciglio Anuar mi appoggiò a terra, mi attirò verso di se e posò la sua bocca sulla mia, mordicchiando il mio labbro inferiore, infilai le mani sotto il tessuto della sua camicia aperta accarezzando quel corpo che avevo tanto bramato in quei mesi passati senza di lui... lo sentii rabbrividire a quel tocco e mentre mi stringevo sempre di più contro il suo petto scese con le labbra sul mio collo facendomi rabbrividire di piacere mentre con le mani sfilava le spalline del vestito che in un attimo si arrotolò ai miei piedi lasciandomi completamente nuda a parte gli slip.
Si allontanò da me, e mi scrutò lentamente dall'alto verso il basso mi vergognavo un po' a farmi vedere così da lui, mi sentivo grassa ed impacciata, istintivamente cercai di coprirmi come meglio potei con le braccia, ma lui non me lo permise.
No Aurora, non coprirti... ti prego... voglio solo guardarti, mi sei mancata così tanto in questi mesi, non sai quante volte ho sognato di stringerti tra le mie braccia, di amarti... che ora mi sembra quasi un sogno averti qui davanti a me... sei così bella...!”
 Quelle parole mi fecero volare direttamente in paradiso e un volo di farfalle si librò nel mio stomaco, sarei voluta volare tra le sue braccia ma restai ferma davanti a lui, gli occhi negli occhi mentre la luce della luna che lentamente stava sorgendo alle sue spalle disegnava un alone intorno al suo corpo dandogli le sembianze di un angelo.
La brezza fece increspare la mia pelle nuda, si avvicinò, e mi strinse a se avvolgendomi in un caldo abbraccio, poi si inginocchiò davanti a me, e prese a baciare il mio ventre rigonfio sussurrando dolci parole a quella piccola creatura che ancora non era nata ma che evidentemente già amava. Una lacrima solcò il mio viso.
perchè piangi amore mio?”
sono tanto felice”.
Mi sdraiai al suo fianco e ancora una volta ci lasciammo travolgere dalla passione.

mercoledì 23 marzo 2011

capitolo 28 Anuar... Tra sogno e la realtà


Anuar
L'avevo voluta con ogni fibra del mio corpo sin dal primo momento in cui i miei occhi si erano posati nuovamente su di lei, l'unica cosa che mi aveva trattenuto era la paura di poter fare del male a quella piccola creatura che stava crescendo dentro il suo grembo, ma quando l'avevo sentita pregarmi con un filo di voce di fare l'amore con lei non ero riuscito a resisterle... consapevole che il mio bisogno in quel momento era grande quanto il suo. 
Erano passati mesi dall'ultima volta in cui eravamo stati insieme, avevamo riscoperto la passione che univa i nostri corpi  poco a poco e ci eravamo lasciati travolgere da essa come se non fosse esistito nient'altro al mondo che noi due. 
Ci addormentammo abbracciati sull'erba, incuranti del mondo attorno a noi, quando riaprii gli occhi lei era distesa al mio fianco che dormiva come un angelo, seguivo il ritmo del suo respiro, il lento sollevarsi ed abbassarsi del suo corpo... sembrava stare bene. Allungai una mano e seguii con le dita il profilo del suo viso facendo attenzione a non svegliarla... mi sembrava così fragile in quel momento. 
Ancora non riuscivo a credere a quello che era successo in quelle ultime ore... dopo mesi di ricerche finalmente, quando ormai avevo perso ogni speranza, l'avevo ritrovata ed aspettava un bambino... il nostro bambino! 
Ero al culmine della felicità... negli ultimi mesi avevo vissuto con il ricordo di quei pochi giorni indimenticabili trascorsi con lei nella mia tenda, e con il rimorso di averla fatta fuggire lontano da me, ma ora che l'avevo ritrovata non l'avrei lasciata mai più... avrei fatto tutto il possibile per renderla felice... sapevo ben poche cose di lei ma non mi importava, l'amavo,  il mio cuore le era appartenuto fin dal primo momento quando l'avevo trovata quasi priva di vita abbandonata su una duna. 
La sentii rabbrividire contro il mio corpo, un filo di brezza faceva danzare gli steli d'erba sui quali eravamo distesi, allungai la mano in cerca di qualcosa con cui coprirla, riuscii ad afferrare un lembo del mio mantello, lo tirai verso di me e glielo sistemai addosso. Un sorriso le illuminò il volto, doveva essere nel bel mezzo di un sogno... desiderai far parte di quel sogno che la rendeva così felice, le baciai la fronte, la pelle vellutata era fresca sotto le mie labbra... la strinsi un po' più vicina a me inebriandomi del suo profumo.
I suoi capelli di un caldo castano dorato risplendevano agli ultimi raggi del sole, sentii un lieve movimento, poi i suoi profondi occhi scuri si aprirono in un dolce sorriso ed il mio cuore accellerò i battiti.
Appoggiò la testa sul mio petto “ciao... allora non è stato solo un sogno... vero?”
Attirai il suo viso verso di me e la baciai delicatamente “no tesoro mio... non è stato un sogno!” le dissi sorridendo a mia volta. Restammo abbracciati a lungo, senza parlare, come a voler fissare quel momento nel tempo, godendo del contatto dei nostri corpi allacciati.
Anuar?”
il semplice suono del mio nome pronunciato dalle sue labbra mi riportò coi piedi per terra... qualcosa nel tono della sua voce era cambiato, sembrava che un velo di tristezza fosse calato fra di noi... La guardai intensamente cercando di capire che cosa poteva aver provocato quel cambiamento.
“perché mi hai allontanato da te cercando di farmi passare per pazza?”
Le sue parole furono come una frustata in pieno viso... rimasi a bocca aperta, non riuscivo a capire di  cosa mi stesse parlando. 
"che stai dicendo Aurora, io non ti ho mai allontanata da me... perché avrei dovuto farlo? Quando quella sera sono ritornato nella tenda tu non c'eri più...”
io... io non riesco a capire... se non sei stato tu a portarmi via dall'accampamento.. chi è stato? E perché?”
Era sconvolta e anch'io con lei. Avevo sempre pensato che fosse stata lei ad allontanarsi da me, ma quello che mi aveva detto cambiava le cose, qualcuno doveva essersi accorto della sua presenza e di quello che rappresentava per me e doveva aver escogitato un piano per dividerci. Non le dissi niente dei miei sospetti, la strinsi forte al mio petto e la cullai tra le braccia finché non la sentii distendersi e rilassarsi.
"è giunto il momento che io ti racconti qualcosa di me... avrei dovuto farlo già molto tempo fa... ti prego solo di non giudicarmi un pazzo per quello che ti dirò"

 

 L'ULTIMO FARAONE

molto tempo fa il faraone Akhenaton si allontanò da Tebe per costruire una nuova capitale in una conca nel deserto, la chiamò Akhetaten e promosse un nuovo culto... il culto di Aton. Al contrario dei suoi predecessori non si occupò minimamente di proteggere i confini territoriali del suo paese, tutto preso dalla nuova religione.
 Nel paese iniziò a regnare il malcontento ed i regni vicini vedendo che il Faraone era diventato un debole si ripresero ben presto i territori conquistati con gran fatica dal padre Amenophi III. 
Quando il faraone morì gli successe al trono il giovanissimo Tutankhamon affiancato dalla moglie Smenkhkara (figlia di Akhenaton e Nefertiti), Tutankhamon riportò la capitale a Tebe e riprese il culto di Amon sperando così di riuscire a riconquistare la fiducia del suo popolo ma il suo regno durò molto poco, all'età di 19 anni il giovane re morì assassinato lasciando da sola la moglie.
La giovane principessa scrisse ad uno dei Re dei paesi confinanti con l'Egitto, un tempo alleato del padre, implorandolo di mandargli uno dei suoi figli per poterlo sposare e porlo sul trono. Ma la lettera non arrivò mai a destinazione, fu intercettata da uno dei servitori del gran sacerdote Ay, il quale vedeva nella giovane fanciulla un modo per poter salire sul trono egli stesso.
Quello che nessuno sapeva era che la giovane regina portava in grembo il successore al trono, quando vide che il tempo per la mummificazione stava per finire, fuggì dal palazzo di Tebe aiutata da alcuni servitori che le erano rimasti fedeli, tornò ad Akhetaten, riunì i dignitari che erano stati fedeli al padre e decise di partire alla ricerca di un luogo sicuro dove far crescere il suo bambino per poi un giorno poter ritornare a rivendicare quel trono che gli apparteneva di diritto.
Fece portare via dalla valle anche il sarcofago ed il tesoro con il quale era stato seppellito il padre certa che altrimenti tutto sarebbe andato distrutto ed iniziò il suo esodo.
Vagarono per molto tempo tra le aride sabbie del deserto, ed alla fine arrivarono alla montagna di cristallo, un piccolo vulcano tra il deserto bianco e quello nero, lì la regina decise di fermarsi e di ricostrure la sua casa e una nuova tomba per Akhenaton dove nessuno avrebbe potuto trovarla.
Il tempo è passato, vari faraoni si sono succeduti nel nostro piccolo regno nel bel mezzo del deserto... nessuno è mai tornato a rivendicare il suo posto a Tebe, abbiamo sempre regnato su questo pezzo di terra arido e privo di vita... proteggendo il segreto della giovane regina”
Quel tatuaggio che tu hai visto quella notte è il simbolo della regalità, viene posto sopra al cuore alla nascita di un nuovo principe. Alla morte di mio padre io sarò il nuovo Re.”
Mi soffermai ad osservarla, sapevo che quello che le avevo appena raccontato poteva essere assurdo ai suoi occhi, “a che cosa stai pensando Aurora?”
perché non mi hai raccontato tutto questo quella mattina?”
non potevo Aurora, a dire il vero non avrei dovuto raccontarti nulla neanche adesso ma non posso rischiare di perderti un altra volta, non mi importa se così facendo attirerò su di me le ire di mio padre e del grande sacerdote... io... io ti amo Aurora... penso di averlo saputo fin dal primo momento in cui i tuoi occhi hanno incontrato i miei, sono stato uno stupido...”
Ancora una volta mi posò il suo dito sulle labbra zittendomi, vidi lacrime di felicità solcarle le guance.
shhhh... non dire altro... anch'io ti amo e solo questo conta per me!!!”
Infilò le sue dita tra i miei capelli attirandomi verso di sé, assaporai il dolce sapore della sua bocca sulla mia in un bacio appassionato, dolce, infinito come il sentimento che provavo per lei.

lunedì 21 marzo 2011

capitolo 27 Ritrovarsi

Aurora 

Finalmente quel barbaro mi lasciò andare, quasi gettandomi a terra, ma  sapevo che non era ancora finita, avevo sentito un altro avvicinarsi e dire qualcosa ridendo a quel colosso che mi teneva sulla spalla, dovevo cercare qualcosa per potermi difendere, mi chinai e colsi da terra una  grossa pietra, pronta a lottare per la sopravvivenza mia e del mio bambino.
Vidi l'ombra del nuovo venuto stagliarsi minacciosa sopra di me, lo lasciai avvicinare e quando fu a poco più di un passo da me, mi  alzai di scatto e sollevai il braccio pronta a colpirlo ma ero stata troppo lenta, mi trovai con i polsi bloccati dalla stretta delle sue mani. 
non vogliamo farti del male... noi siamo tuoi amici!” quella voce l'avrei riconosciuta tra mille... il mio cuore prese il volo... alzai gli occhi e mi ritrovai a specchiarmi  tra le limpide acque verdi dei suoi occhi.
Ci guardammo per un momento che mi parve infinito, paralizzati per la sorpresa poi mi avvolse tra le sue braccia... mi strinse talmente tanto da togliermi il respiro, mi stava facendo male.
Ahi... fermati... mi fai male!” dovetti dirgli nonostante non desiderassi altro che stare tra le sue braccia.
Mi lasciò andare immediatamente come se lo avessi schiaffeggiato in piena faccia, si avvicinò, prese il mio viso tra le sue mani, sembrava volesse dirmi qualcosa ma non sapesse come dirmelo, poi mi chiese “sei ferita? Che ti ha fatto quel verme!”
Gli posai un dito sulle labbra zittendolo, fissai i miei occhi nei suoi per un lungo momento cercando il modo migliore per dirgli del bambino.. ero mezza nuda ad un passo da lui, mi aveva stretta tra le braccia e ancora non si era accorto di nulla... presi la sua mano tra le mie, spostai quel che rimaneva del mio camicione e la posai sul mio grembo. 
ti presento tuo figlio!” gli dissi travolta dalla stessa emozione che riuscii a leggere nei suoi occhi mentre la lacrima che a stento ero riuscita a trattenere fino a quel momento scese giù lungo la mia guancia.
Rimase immobile per un momento, gli occhi spalancati per la sorpresa...  poi si inginocchiò ai miei piedi e posò la guancia sul mio ventre, nel preciso istante in cui il piccolo essere che cresceva dentro di me decideva di farsi sentire. 
Mi sollevò tra le braccia dolcemente, facendo attenzione a non farmi del male, poi le sue labbra mi tempestarono di mille piccoli baci. Ero in paradiso, avevo sognato quel momento per tutti quei mesi ma neanche nel migliore dei miei sogni ero riuscita lontanamente ad immaginare quello che stavo provando in quel momento stretta tra le sue braccia.
Potevo sentire il calore del suo corpo attraverso il sottile strato di stoffa che mi separava dalla sua pelle, infilai le mani tra i suoi capelli attirandolo verso la mia bocca, incapace di resistere ancora al richiamo che le sue labbra esercitavano su di me. 
Quando finalmente si posarono sulle mie un fremito di desiderio accese i miei sensi, mi baciò a lungo lasciandomi senza respiro, poi scese con la bocca verso la scolatura, strappò via quel che rimaneva della mia camicia, slacciò il reggiseno e lo gettò a terra, mi adagiò delicatamente sull'erba ed iniziò ad accarezzare e a baciare ogni centimetro della mia pelle mentre un milione di piccoli brividi attraversavano il mio corpo facendomi ardere di desiderio... ad un tratto si fermò... lo sguardo impaurito.
Aurora io non...” mi disse con voce roca.
... ti prego Anuar...!!” gli sussurrai con un filo di voce... non desideravo altro che sentirlo muoversi dentro di me, lo volevo con ogni singola fibra del mio corpo.
Mi fissò per un istante, anche lui incapace di  trattenere il desiderio che gli bruciava dentro, ci lasciammo travolgere dalla passione, e quando finalmente entrò dentro di me, lasciammo che i nostri corpi finalmente uniti ritrovassero da soli il loro ritmo.  
Ci amammo a lungo incuranti di tutto il resto, consapevoli che in quel momento esistevamo solo noi due.

domenica 20 marzo 2011

capitolo 26 Anuar... Il destino


Stavo facendo il solito giro di ispezione insieme ad alcuni dei miei uomini, quando mi giunsero all'orecchio delle voci concitate, una di quelle voci la conoscevo bene.. Richter... queal bastardo di un tedesco continuava indisturbato fare le sue incursioni nel deserto, quasi sempre ubriaco. Se la prendeva con i poveri turisti che non davano noia a nessuno. Erano mesi che tentavo di coglierlo in fallo per dargli il fatto suo ma non vi ero ancora riuscito forse quella sarebbe stata l'occasione buona.
Feci un cenno con la testa a Karim, il mio migliore amico nonché mio compagno d'armi, anche lui aveva sentito... spronammo i nostri cavalli e ci dirigemmo al galoppo verso il piccolo agglomerato di palme vicino alla grotta dell'eremita.
Ancora una volta avevo visto giusto, quando arrivammo più vicini al luogo del diverbio, l'infame era dritto in piedi sull'orlo della pozza... stava urlando contro qualcuno che non riuscii a scorgere... non era solo,  vidi sbucare da dietro il fusto di una palma la figura uno dei suoi scagnozzi, che sempre lo seguivano nelle sue imprese come cani ammaestrati, si posizionò alle spalle del tipo contro cui Richter stava sbraitando, che probabilmente stava facendo il bagno nella piccola polla d'acqua, e improvvisamente gli spinse la testa sotto.
Questa volta avevano passato il limite, non mi sarebbero sfuggiti un altra volta, mollai le briglie del cavallo ad uno dei miei uomini, che nel frattempo ci avevano raggiunto, e balzai di corsa giù dal cavallo seguito a ruota da Karim.
In quattro balzi raggiungemmo il bordo del piccolo specchio d'acqua, mi lanciai contro il tedesco che non si era accorto di nulla e rotolammo giù per la piccola collina avvinghiati nella lotta, sollevando una nuvola di polvere tutto attorno a noi, mentre Karim si gettava sul suo compare.
Quando finalmente riuscii ad avere la meglio sul tedesco, lo consegnai nelle mani dei miei uomini perché li accompagnassero al più vicino avamposto di polizia e mi diressi verso le palme da dove provenivano delle strane urla.
Vidi stagliarsi in controluce la massiccia figura di Karim, reggeva sulla spalla una donna che scalciava e graffiava come un gatto selvaggio... doveva essere la persona che stava molestando il tedesco, prendersela con una donna... aveva proprio toccato il fondo! 
Nonostante fossi ancora molto adirato per quello che era appena successo, vederlo in difficoltà,  lui che era sempre così sicuro e forte mi fece sorridere... sapevo che karim si stava innervosendo, lo conoscevo troppo bene... sembrava fosse sul punto di gettarla nuovamente nell'acqua. Dovevo intervenire prima che fosse troppo tardi.   
Hey Karim che ti succede... non ti riconosco più amico... ti fai picchiare da una donna?" Gli urlai stuzzicandolo.
si girò di scatto verso di me... era ricoperto di graffi. 
Perchè non ci provi tu? Questa più che una donna sembra un gatto selvatico... comincio a pensare che quel tipo avesse ragione...“ rispose posando a terra malamente il suo fagotto recalcitrante. 
"sei proprio un bruto.... non ci sai fare con le donne... lascia fare a me... ci penso io!"
“è tutta tua... poi non venire a lamentarti con me quando ti ritroverai a strisce!!!” disse allontanandosi.
Mi diressi lentamente verso la donna, cercando di non turbarla più di quanto già non fosse... non mi stava guardando, il corpo era piegato verso il terreno... le ciocche bagnate le ricoprivano il viso...  sembrava stesse cercando qualcosa... quando le giunsi a poco più di un passo si alzò girandosi di scatto, in mano brandiva una grande pietra decisa ad attaccarmi, tempestivamente le bloccai i polsi con le mani in modo che non potesse colpirmi.
non vogliamo farti del male, noi siamo amici!” cercai di spiegarle, a quelle parole sollevò il viso verso il mio e quando i miei occhi incontrarono i suoi rimasi folgorato... lasciai immediatamente la presa sui suoi polsi “... Aurora!”
Anuar...” le sentii dire, poi la pietra scivolò dalla sua mano e cadde con un tonfo sordo ai suoi piedi.
Da quando quella maledetta sera tornando alla tenda l'avevo trovata vuota, non avevo mai smesso di cercarla, avevo pensato almeno un milione di volte in quei mesi al momento in cui l'avrei ritrovata, alle parole che le avrei detto ed ora che era proprio davanti a me le parole non volevano saperne di uscire dalle mie labbra.  
Superai in un balzo la distanza che ancora ci divideva... La presi tra le braccia e la strinsi forte contro il mio petto lasciando che a parlare fossero le emozioni.
La sua reazione mi giunse del tutto inaspettata.  
Ahi... fermati... mi stai facendo male!” mi disse mentre cercava di staccarsi da me.
La lasciai andare immediatamente sconvolto da quelle parole, presi delicatamente il suo viso tra le mie mani... sembrava stanca, il suo viso era solcato da profonde occhiaie scure... un nodo mi strinse la gola.
“sei ferita? Che ti ha fatto quel verme!” 
shhhh!” portò il suo indice alle mie labbra facendomi segno di tacere, mi fissò intensamente negli occhi come a voler leggere nella mia anima, mentre il mio cuore batteva all'impazzata nel petto aspettando la sua risposta... poi abbassò lo sguardo, prese la mia mano tra le sue, spostò un lembo della camicia sgualcita e strappata che la copriva a malapena e appoggiò la mia mano sul suo ventre... Rimasi pietrificato dalla sorpresa, non era più liscio e piatto come qualche mese prima... qualcosa stava crescendo dentro lei.
ti presento tuo figlio!” disse mentre una lacrima le rigava il volto.
  
Apoggiai la mia guancia sul suo grembo... Un movimento appena percettibile, come il battito d'ali di una farfalla... arrivò da quel morbido rigonfiamento  a far sentire la sua presenza... Mille emozioni mi colpirono in un solo istante...  la sollevai delicatamente tra le braccia badando a non farle male e la tempestai di baci.