venerdì 11 marzo 2011

capitolo 9 Ritorno a casa

 La casa del console era un enorme villa in stile vittoriano situata proprio nel cuore della città, a poche centinaia di metri dal Museo Egizio, la tenuta era circondata da un alto muro e vi si accedeva attraverso un cancello di ferro battuto sorvegliato da due guardie armate, quando videro la macchina avvicinarsi aprirono le sbarre e ci lasciarono entrare.
Per arrivare alla grande villa si attraversava un lungo viale alberato che divideva in due uno splendido parco ricco di palme, banani ed alberi di ibiscus.
Il console, un signore di mezza età con la calvizie incipiente e una grande pancia, venne ad attendermi sulle scale, attorno a lui c’erano decine di giornalisti che, non appena scesi dall'auto, iniziarono a scattare fotografie a raffica accecandomi.
Non riuscivo a capire niente di quello che stava succedendo, tutti gridavano cercando di attirare la mia attenzione, mi sembrava di stare nel bel mezzo di una tempesta, mi tempestarono di domande sull’incidente, su cosa avessi pensato quei giorni da sola nel deserto, ma non ero pronta a tutta quell’attenzione rivolta verso me, volevo solo restare da sola, chiudermi in una stanza e dare sfogo a tutta la mia frustrazione, ma non mi fu possibile... ne allora né nei giorni successivi.
Ero come una trottola, sballottata da una parte all'altra, il governatore mi stava usando come se fossi stata un suo giocattolo per il suo tornaconto personale.
Appena le formalità burocratiche furono espletate mi caricarono su un aereo e mi rispedirono a casa.

Per fortuna mi avevano riservato un posto in prima classe e nessuno venne a disturbarmi, chiusi gli occhi e mi rilassai contro lo schienale cercando di non pensare.
Quando atterrai all’aeroporto di Hetrow era pomeriggio inoltrato, ad attendermi nella grande sala degli arrivi c'era una folla di persone, erano tutti i miei amici e colleghi di lavoro, sembravano increduli al fatto che fossi riuscita a tornare a casa viva e vegeta. Appena uscii fuori dalla dogana mi corsero incontro e mi strinsero in un grande caloroso abbraccio. Salutai tutti e li ringraziai per tutto l’affetto che mi stavano dimostrando, ma ero esausta, non vedevo l’ora di stare un po’ da sola.
Vagai con lo sguardo in cerca dell'unica persona che avrei voluto vicino a me in quel momento...e lei era lì.
Francies era la mia più cara amica, l'avevo conosciuta quando ancora abitavo in America coi miei genitori, prima che il destino facesse di me un orfana e mi costringesse a trasferirmi in inghilterra da una vecchia zia, nonostante la lontananza ci eravamo sempre tenute in contatto, ci vedevamo ogni estate quando veniva a trovare alcuni parenti, lei era la mia ancora di salvezza nei momenti bui ed in quel momento ne avevo bisogno come non mai.. la salutai con la mano e lei mi sorrise, e mi fissò dritto negli occhi cercando di decifrare i miei pensieri. Poi prese in mano la situazione.
“ragazzi forse ora è meglio che la lasciamo andare, dev’essere stanchissima e poi è appena uscita dall’ospedale...”. Disse mentre mi prendeva sotto braccio e salutando ancora una volta tutti ci dirigemmo verso l'uscita in cerca di un taxi.
Fuori il cielo era plumbeo e faceva freddo... troppo freddo per me. Ero stata via più di un mese, le vetrine dei negozi che sfrecciavano fuori dal finestrino erano addobbate a festa, dicembre era alle porte.
Mi trovavo spaesata, dovunque mi voltassi vedevo solo cemento, era il mio paese, ma sentivo di non appartenere più a quei luoghi e forse ripensandoci non gli ero mai appartenuta.
La macchina si fermò proprio davanti al portone di casa ma ero talmente assorta nei miei pensieri che neanche me ne accorsi.
“Aurora... Aurora... sei con noi?”
“si scusami Fra, che mi stavi dicendo?”
“siamo arrivate a casa... ma tu sembri provenire da un altro pianeta, ti senti bene?”
“si, grazie... stavo solo pensando”.
“questa notte rimango con te, non mi va che tu te ne stia tutta sola in questa grande casa, chiamo un attimo Robert per avvertirlo”
“no... davvero... sto bene Fra, vai pure a casa tranquilla”.
“non se ne parla nemmeno... e poi abbiamo un sacco di cose da raccontarci... non trovi?” e mi strizzò l’occhio.
Come sospettavo aveva capito subito che c’era qualcosa che mi turbava, tra me e lei non c’era mai stato bisogno di parole, ci capivamo subito al volo. Annuii e le sorrisi, forse non era un male sfogarsi con qualcuno, e se c’era una persona al mondo che potesse capirmi quella era proprio lei.
Feci per cercare le chiavi di casa ma improvvisamente mi ricordai che erano rimaste nel bagagliaio all’interno della jeep insieme a tutto il resto.
“scusami Francies... abbiamo un problema!”
“che c’è tesoro?” mi disse coprendo il cellulare con una mano, stava parlando con Robert.
“non ho le chiavi... sono andate perse nel deserto insieme a tutto il resto” dissi con un tono triste nella voce, in fondo anch’io mi ero persa nel deserto e ancora vi vagavo.
“non preoccuparti, le ho io, ricordi? Me ne avevi lasciato una copia per le emergenze... e questa mi sembra proprio un’emergenza!” e mi porse le chiavi.
“grazie tesoro... non so che farei senza di te!” Aprii il grande portone di quercia, qualcuno aveva pensato a riscaldarla ma nonostante tutto sentivo il gelo attanagliarmi fin dentro le ossa.
Mi lasciai cadere sul grande divano bianco, proprio davanti al caminetto acceso, ed iniziai a piangere incapace di trattenere ancora le lacrime. Non sentii Francies entrare in casa, mi accorsi della sua presenza solo quando mi ritrovai stretta nel suo abbraccio a piangere sulla sua spalla.
Restammo così per molto tempo, senza parlare, poi quando finalmente i singhiozzi si calmarono Francies mi chiese se mi andava di raccontarle quello che mi era succeso in Egitto.
Le raccontai tutta la storia, ogni tanto le lacrime riaffioravano ma poi riprendevo il racconto. Francies non mi interruppe mai, mi lasciò sfogare.
Quando finii il mio racconto l’alba grigia e carica di pioggia stava affacciandosi sui tetti della città.
“adesso riposati, avremo tempo di parlare più tardi”
Mi distesi sul divano e Francies mi coprì con un vecchio plaid che usavo di solito quando guardavo la TV sino a tardi. Ero veramente esausta, chiusi gli occhi e caddi in un sonno profondo e senza sogni.

1 commento:

Andrè ha detto...

le cose si complicano.....interessante.