giovedì 17 marzo 2011

capitolo 23 Il deserto nero

Lasciammo definitivamente la cittadella di Baharya e ci aviammo verso il deserto... Dopo pochi km il paesaggio cambiò radicalmente, tutto ciò che fino a poco prima era verde e pieno di vita lasciò il posto ad una immensa distesa di sabbia e rocce.
La jeep si inerpicò su un'altura rocciosa dalla quale lo sguardo spaziava a 360°, sulla sommità si potevano scorgere i resti di una vecchia fortezza, un avamposto inglese costruito ai tempi della colonizzazione per proteggere l'oasi dalle incursioni dei banditi provenienti dal deserto.

Salii fin sulla cima con Hamed, presi il binocolo dallo zaino ed iniziai a scrutare l'orizzonte in cerca di un profilo conosciuto ma niente si muoveva tutt'intorno, solo qualche mulinello di sabbia trasportato dl vento. sotto di noi si estendeva un immenso palmeto, una delle poche fonti di sostentamento dell'oasi che avevamo da poco lasciato.
Mi sedetti su un masso all'ombra di uno dei pochi muri che ancora si reggevano in piedi mentre Hamed preparava il campo per la notte. 
Sembrava di essere tornati indietro nel tempo, se chiudevo gli occhi potevo immaginare di essere un soldato di base al forte, dal basso mi arrivavano i suoni di voci lontane... il gridare festoso dei bambini... chissà se il mio predone del deserto era nelle vicinanze!!... sorrisi di quel pensiero.
La sera si stava avvicinando, una leggera brezza soffiava dalla vallata sottostante, portando con se le voci dei contadini che tornavano alle loro case... il fuoco crepitava all'interno del cerchio delle mura e la tenda era pronta per la notte.
Andai ad aiutare Hamed a preparare la cena, mi sorpresi ad essere affamata, potevo sentire distintamente il brontolio del mio stomaco.
Cenai seduta a gambe incrociate accanto al fuoco mentre Hamed mi raccontava storie senza tempo, quel ragazzo non finiva mai di stupirmi, per essere così giovane era estremamente saggio.
Quella sera quando andai nella mia tenda, troppo agitata per poter dormire, tirai fuori dallo zaino un vecchio quaderno sgualcito che protavo sempre con me ed alla fiocca luce di una torcia iniziai a scrivere il mio diario, magari un giorno l'avrei letto al mio bambino. 
Nella tenda accanto alla mia Hamed russava già. 
Il giorno dopo entrammo nel cuore del deserto, dopo ore di piana arida e desolata, vidi profilarsi all'orizzonte delle montagnole, erano centinaia di masse coniche scure, che sembravano squarciare la monotonia del grande mare di sabbia.
Hamed cosa sono quelle montagne laggiù?”
quello è il deserto nero, sono antiche colline vulcaniche, un tempo
sommerse... l’erosione ha deposto al suolo delle schegge di basalto e pirite di ferro le cui tonalità hanno dato il nome al deserto... siamo diretti laggiù”. 
Quanti aspetti diversi aveva quella terra, io avevo sempre immaginato il deserto come un'immensa distesa di sabbia tutta uguale ed invece più passavano i giorni e più mi rendevo conto di aver sbagliato, ogni duna nascondeva un mondo nuovo e diverso, più vagavo tra quelle sabbie dorate e più sentivo di essere a casa. 

3 commenti:

Unknown ha detto...

Sempre più bello ed intrigante il tuo racconto.

Andrè ha detto...

mamma mia che attesa....

dany ha detto...

Wow......e ora....... Aspetto il seguito........ Sempre entusiasmante