Aurora
La business class era praticamente vuota a parte alcuni uomini d'affari seduti sugli ultimi sedili... almeno in questo ero stata fortunata, non mi sentivo in vena di ascoltare le chiacchere senza senso di sconosciuti, avrei voluto solo chiudere gli occhi e risvegliarmi a casa nel mio letto... odiavo volare anche quando ero al meglio, figuriamoci adesso che mi sentivo in balia della tempesta, sola e spaesata senza avere idea di cosa fare della mia vita futura.
L'hostess fu molto gentile con me e si prodigò per trovarmi la sistemazione più comoda possibile, mi assegnò un'intera fila di posti vicino all'uscita di sicurezza, lì avrei potuto distendere le gambe e rilassarmi un poco... la ringraziai della cortesia e mi accomodai sul posto più vicino all'oblò... non so perché lo feci, avevo sempre odiato guardare l'aereo mentre decollava, mi metteva paura il sapere che da quel momento sino all'arrivo sarei stata sospesa nel vuoto... forse speravo che, come nei film, Anuar sarebbe arrivato sul suo cavallo ed impedendo all'aereo di decollare, mi avrebbe portato via con se per vivere insieme felici e contenti.. avrei dato qualsiasi cosa pur di poter passare un ultimo giorno con lui ma la vita non era un film... ormai l'avevo capito a mie spese purtroppo!
Nel momento stesso in cui le ruote dell'aereo si staccarono dal suolo avvertii una pressione al basso ventre, come se il piccolo, avendo intuito quello che stava succedendo, puntasse i piedi e si rifiutasse di lasciare quel paese.
“mi dispiace piccolino, anch'io vorrei poter restare ma purtroppo non possiamo.. vedrai che ti piacerà l'Inghilterra, magari non farà così caldo, ma vedrai che riusciremo a trovare un po' di pace e serenità... lo so... anche a me manca tanto il tuo papà ma la vita ci mette sempre alla prova, mi dispiace solo che tu ne patisca le conseguenze, tu non centri nulla in tutto questo anche se dovrai pagare il peso delle nostre colpe... cercherò di farmi perdonare da te, non ti farò mancare nulla, ti amerò per due ed anche di più se questo servirà a renderti felice”
La pressione si allentò, ormai eravamo a centinaia di metri dal suolo, guardai fuori, la città si estendeva ai miei piedi, una ragnatela di strade e palazzi mezzi fatiscenti e poi, di punto in bianco il nulla, solo un'immensa distesa di sabbia... le sabbie dorate del Sahara, uno dei posti più aridi dell'intero pianeta, nessuna forma animale o vegetale riusciva a vivere in quelle terre desolate... eppure io sapevo che lì sotto di me da qualche parte c'era Anuar e con esso i pezzi del mio cuore.
“addio amore mio... sappi che non ti scorderò mai.. spero che tu sia felice”
Il viaggio fu molto tranquillo, il cielo sgombro dalle nubi sembrava un grande telo di seta color indaco... guardare la terra da lassù era come consultare una grande carta geografica, vidi il delta del grande fiume sembrava un grande albero azzurro sdraiato sul terreno i cui rami rivolti all'insù si protendevano in cerca dell'acqua scura del mar mediterraneo... quando iniziammo a sorvolare quella grande distesa d'acqua, vidi piccole isole, piccoli puntini di terra che interrompevano la monotonia del blu delle acque, qua e là minuscole imbarcazioni tracciavano la loro scia e magari qualcuno guardando il nostro aereo si toccava la punta del naso ed esprimeva un desiderio, proprio come avevo sempre fatto io sin da ragazzina.
Dopo un po', gli occhi stanchi dalle veglie degli ultimi giorni si fecero pesanti, tanto da non riuscire più a tenerli aperti, chiusi lo sportellino dell'oblò, abbassai lo schienale del seggiolino e mi sistemai al meglio sperando di riuscire a riposare un po'.
Mano a mano che ci avvicinavamo a casa sentivo un grande vuoto farsi largo dentro di me, come se qualcuno avesse scavato un enorme voragine nel mio petto, un'immensa tristezza mi stringeva il cuore... questa volta ad aspettarmi a Londra non ci sarebbe stato nessuno... neanche Francies volevo rimanere sola con me stessa, dovevo trovare da sola la forza di andare avanti.
Avevo pensato molto durante la giornata passata in albergo a Luxor se chiamarla o meno, avevo preso la cornetta in mano e poi l'avevo riposta almeno un centinaio di volte... morivo dalla voglia di sentire la sua voce amica, di raccontarle tutto quello che mi era successo in quegli ultimi due giorni e sapevo che se solo l'avessi chiamata sarebbe subito venuta da me, mi avrebbe raggiunta persino in Egitto se solo glielo avessi chiesto... ma sarebbe stato giusto? Aveva già i suoi problemi.. il lavoro.. la nuova casa... e non ultimo Robert che col suo lavoro non gli rendeva certamente la vita facile... era arrivato il momento d'imparare a cavarmela da sola.
Chissà che delusione avrebbe provato se solo lo fosse venuta a sapere delle mie sventure da qualcun altro, ma sapevo che era praticamente impossibile, io avevo pochissime amicizie ed inoltre stavano tutte a centinaia di km da me.. e lei, abitando a New York, a Londra non conosceva praticamente nessuno, tolto qualche amico di Robert, quindi potevo stare tranquilla almeno su questo. Quando fossi riuscita a superare questo momento, l'avrei chiamata e le avrei raccontato tutto, ma ora no... avevo bisogno di stare da sola con me stessa e di mettere un po' di ordine nella mia vita.
L'hostess mi avvertì che entro pochi minuti saremmo atterrati a Londra, aprii il finestrino e diedi uno sguardo, fuori era una bellissima giornata di sole, il Tamigi con le sue acque scure tagliava la città in due e tutto intorno la campagna era verde e rigogliosa, mi sembrava così strano vedere tutta quella natura dopo aver passato mesi e mesi tra le sabbie infuocate.
Quando scesi la scaletta dell'aereo l'aria fresca ed umida mi colpì in pieno viso ed un brivido mi scosse... era la metà di aprile, a Londra c'erano 18 gradi ed i vestiti che indossavo erano troppo leggeri per quel clima e il grande sbalzo termico con l'Egitto non faceva che peggiorare la situazione... avevo freddo... mi allontanai il più velocemente possibile dalla pista, in cerca del tepore caldo e rassicurante dell'interno dell'aeroporto, avevo bisogno di qualcosa di caldo da indossare.
Rovistando nella borsa trovai una pashmina, la avvolsi attorno alle spalle ed uscii in cerca di un taxi... per fortuna non dovetti aspettare molto, nel giro di 5 minuti mi ritrovai a sfrecciare seduta sul sedile posteriore del taxi tra le vie assolate della mia città.