giovedì 30 giugno 2011

Capitolo 56

Aurora


La business class era praticamente vuota a parte alcuni uomini d'affari seduti sugli ultimi sedili... almeno in questo ero stata fortunata, non mi sentivo in vena di ascoltare le chiacchere senza senso di sconosciuti, avrei voluto solo chiudere gli occhi e risvegliarmi a casa nel mio letto... odiavo volare anche quando ero al meglio, figuriamoci adesso che mi sentivo in balia della tempesta, sola e spaesata senza avere idea di cosa fare della mia vita futura.
L'hostess fu molto gentile con me e si prodigò per trovarmi la sistemazione più comoda possibile, mi assegnò un'intera fila di posti vicino all'uscita di sicurezza, lì avrei potuto distendere le gambe e rilassarmi un poco... la ringraziai della cortesia e mi accomodai sul posto più vicino all'oblò... non so perché lo feci, avevo sempre odiato guardare l'aereo mentre decollava, mi metteva paura il sapere che da quel momento sino all'arrivo sarei stata sospesa nel vuoto... forse speravo che, come nei film, Anuar sarebbe arrivato sul suo cavallo ed  impedendo all'aereo di decollare, mi avrebbe portato via con se per vivere insieme felici e contenti..  avrei dato qualsiasi cosa pur di poter passare un ultimo giorno con lui ma la vita non era un film... ormai l'avevo capito a mie spese purtroppo!
Nel momento stesso in cui le ruote dell'aereo si staccarono dal suolo avvertii una pressione al basso ventre, come se il piccolo, avendo intuito quello che stava succedendo, puntasse i piedi e si rifiutasse di lasciare quel paese.
mi dispiace piccolino, anch'io vorrei poter restare ma purtroppo non possiamo.. vedrai che ti piacerà l'Inghilterra, magari non farà così caldo, ma vedrai che riusciremo a trovare un po' di pace e serenità... lo so... anche a me manca tanto il tuo papà ma la vita ci mette sempre alla prova, mi dispiace solo che tu ne patisca le conseguenze, tu non centri nulla in tutto questo anche se dovrai pagare il peso delle nostre colpe... cercherò di farmi perdonare da te, non ti farò mancare nulla, ti amerò per due ed anche di più se questo servirà a renderti felice”

La pressione si allentò, ormai eravamo a centinaia di metri dal suolo, guardai fuori, la città si estendeva ai miei piedi, una ragnatela di strade e palazzi mezzi fatiscenti e poi, di punto in bianco il nulla, solo un'immensa distesa di sabbia... le sabbie dorate del Sahara, uno dei posti più aridi dell'intero pianeta, nessuna forma animale o vegetale riusciva a vivere in quelle terre desolate... eppure io sapevo che lì sotto di me da qualche parte c'era Anuar e con esso i pezzi del mio cuore.
addio amore mio... sappi che non ti scorderò mai.. spero che tu sia felice”
Il viaggio fu molto tranquillo, il cielo sgombro dalle nubi sembrava un grande telo di seta color indaco... guardare la terra da lassù era come consultare una grande carta geografica, vidi il delta del grande fiume sembrava un grande albero azzurro sdraiato sul terreno i cui rami rivolti all'insù si protendevano in cerca dell'acqua scura del mar mediterraneo... quando iniziammo a sorvolare quella grande distesa d'acqua, vidi piccole isole, piccoli puntini di terra che interrompevano la monotonia del blu delle acque, qua e là minuscole imbarcazioni tracciavano la loro scia e magari qualcuno guardando il nostro aereo si toccava la punta del naso ed esprimeva un desiderio, proprio come avevo sempre fatto io sin da ragazzina.
Dopo un po', gli occhi stanchi dalle veglie degli ultimi giorni si fecero pesanti, tanto da non riuscire più a tenerli aperti, chiusi lo sportellino dell'oblò, abbassai lo schienale del seggiolino e mi sistemai al meglio sperando di riuscire a riposare un po'.
Mano a mano che ci avvicinavamo a casa sentivo un grande vuoto farsi largo dentro di me, come se qualcuno avesse scavato un enorme voragine nel mio petto, un'immensa tristezza mi stringeva il cuore... questa volta ad aspettarmi a Londra non ci sarebbe stato nessuno... neanche Francies volevo rimanere sola con me stessa, dovevo trovare da sola la forza di andare avanti.
Avevo pensato molto durante la giornata passata in albergo a Luxor se chiamarla o meno, avevo preso la cornetta in mano e poi l'avevo riposta almeno un centinaio di volte... morivo dalla voglia di sentire la sua voce amica, di raccontarle tutto quello che mi era successo in quegli ultimi due giorni e sapevo che se solo l'avessi chiamata sarebbe subito venuta da me, mi avrebbe raggiunta persino in Egitto se solo glielo avessi chiesto... ma sarebbe stato giusto? Aveva già i suoi problemi.. il lavoro.. la nuova casa... e non ultimo Robert che col suo lavoro non gli rendeva certamente la vita facile... era arrivato il momento d'imparare a cavarmela da sola.
Chissà che delusione avrebbe provato se solo lo fosse venuta a sapere delle mie sventure da qualcun altro, ma sapevo che era praticamente impossibile, io avevo pochissime amicizie ed inoltre stavano tutte a centinaia di km da me.. e lei, abitando a New York, a Londra non conosceva praticamente nessuno, tolto qualche amico di Robert, quindi potevo stare tranquilla almeno su questo. Quando fossi riuscita a superare questo momento, l'avrei chiamata e le avrei raccontato tutto, ma ora no... avevo bisogno di stare da sola con me stessa e di mettere un po' di ordine nella mia vita.
L'hostess mi avvertì che entro pochi minuti saremmo atterrati a Londra, aprii il finestrino e diedi uno sguardo, fuori era una bellissima giornata di sole, il Tamigi con le sue acque scure tagliava la città in due e tutto intorno la campagna era verde e rigogliosa, mi sembrava così strano vedere tutta quella natura dopo aver passato mesi e mesi tra le sabbie infuocate.

Quando scesi la scaletta dell'aereo l'aria fresca ed umida mi colpì in pieno viso ed un brivido mi scosse... era la metà di aprile, a Londra c'erano 18 gradi ed i vestiti che indossavo erano troppo leggeri per quel clima e il grande sbalzo termico con l'Egitto non faceva che peggiorare la situazione... avevo freddo... mi allontanai il più velocemente possibile dalla pista, in cerca del tepore caldo e rassicurante dell'interno dell'aeroporto, avevo bisogno di qualcosa di caldo da indossare.
Rovistando nella borsa trovai una pashmina, la avvolsi attorno alle spalle ed uscii in cerca di un taxi... per fortuna non dovetti aspettare molto, nel giro di 5 minuti mi ritrovai a sfrecciare seduta sul sedile posteriore del taxi tra le vie assolate della mia città.

sabato 25 giugno 2011

Capitolo 55




Anuar

Guadando fuori dal finestrino riuscii a distinguere il profilo conosciuto delle montagnole che segnavano il confine del nostro territorio, ancora qualche km e poi avremmo dovuto proseguire a cavallo, non era possibile addentarsi in quella parte di deserto su di una macchina, i residui di ferro che facevano capolino dai cumuli di sabbia avrebbero potuto trinciare le gomme.
Dopo pochi minuti, come avevo previsto giungemmo alla piccola cerchia di capanne, il nostro serraglio, dove ci aspettavano i cavalli... quello che non mi aspettavo di vedere era il mio adorato cavallo, ed invece era lì... splendido nel suo manto nero come una notte senza luna, si distingueva in mezzo agli altri per il portamento fiero... Artax era un purosangue arabo,  l'avevo avuto in dono da mio padre, per il mio compleanno  due anni prima, quando ancora era solo un puledro,   l'avevo addestrato ed era diventato il miglior cavallo del regno. 

Quando mi vide iniziò a sbruffare dilatando le narici... mi corse incontro e appoggiato il suo splendido muso sulla mia spalla iniziò a spingermi all'indietro in cerca del suo premio.
“dovrai accontentarti solo di qualche carezza amico mio... non ho niente con me, non sapevo che saresti stato qui ad aspettarmi!” gli dissi accarezzando quel muso vellutato su cui spiccavano due occhi scuri di un'intelligenza incredibile, per me era come un fratello, ero sicuro che capisse ogni cosa ed ero convinto che anche questa volta avesse intuito il mio stato d'animo.
Anuar... sei pronto.. possiamo partire?”
sì certo!”

Strinsi nel pugno le redini che pendevano sul suo dorso e con un balzo saltai in groppa a quello splendido animale... partimmo al galoppo sollevando tutto attorno a noi nuvole di sabbia,  il vento mi scompigliava i capelli che fuggivano ribelli da sotto il turbante.. quell'aria che mi graffiava il viso.. la furia della corsa...  mi davano una grande sensazione di libertà, mi sentivo un tutt'uno con la natura selvaggia che mi circondava, e per un momento... un solo brevissimo istante... la morsa che aveva stretto il mio cuore nelle ultime ore sembrò dissolversi nel vento. Corsi insieme al mio fiero destriero verso quella meta che entrambi conoscevamo a menadito... ma durò poco la mia felicità... non appena all'orizzonte si profilarono le dune dove ero solito piazzare il campo, le stesse dove io ed Aurora avevamo passato i nostri primi giorni assieme, quell'enorme macigno che si era piazzato nel mio petto al posto del cuore da quando lei era sparita, tornò a pesare dentro di me ancor più di prima.


Dopo qualche tempo vidi comparire di fronte a me la sagoma scura della montagna di cristallo, situata al confine tra "deserto bianco" e "deserto nero" era la custode della via d'accesso per giungere ad Akhetaten, era stata la giovane regina fuggita da Tebe migliaia di anni prima a volerla chiamare così, come la città fatta costruire da suo padre e distrutta dai suoi successori  di cui rimanevano, uniche vestigia di un passato splendore, solo le fondamenta del palazzo di Nefertiti e una delle colonne del grande tempio di Aton.
Ormai la vecchia città non esisteva più, i vecchi edifici in  età faraonica, distrutti dal passare del tempo erano stati soppiantati da costruzioni di paglia e fango e la città era diventata una kasbah fortificata che si mimetizzava perfettamente tra le sfumature color ocra della sabbia... solo ad un occhio esperto, come quello dei suoi abitanti, era ben visibile, per il resto del mondo non esisteva... anche perchè erano ben poche le persone disposte ad avventurarsi oltre in quella landa torrida e desolata... e comunque non sarebbero mai giunti così vicino da capire che quella roccia dalle forme strane che stavano osservando in realtà era una vera e propria città, il nostro corpo di guardia serviva a questo, a non permettere ai curiosi di giungere troppo vicino a noi.

Il sole stava tramontando all'orizzonte quando giungemmo in vista della città... dovevamo affrettarci se volevamo entrare all'interno delle mura, non appena l'ultimo raggio di luce fosse scomparso dietro l'orizzonte le grandi porte sarebbero state chiuse e l'accesso alla città interdetto sino all'alba del giorno dopo. 
Quella era l'unica tradizione ancora in vigore da migliaia di anni, essendo la città dedicata all'aspetto luminoso del sole, ogni attività veniva interrotta col giungere della notte, questo aveva voluto a suo tempo Akhenaton e questo era ancora il volere dell'attuale Faraone, ovvero mio padre.
Riuscimmo a varcare la soglia del grande portone di legno giusto un attimo prima che anche l'ultimo raggio di sole calasse oltre l'orizzonte, per strada non trovammo anima viva, tutti gli abitanti a parte le guardie si erano già ritirati nelle loro case.

Lasciai Artax nelle mani fidate di Karim e del suo stalliere, non potevo permettermi di perdere tempo prezioso, e percorsi le ultime centinaia di metri che mi dividevano dal palazzo reale correndo come un forsennato... se fossi riuscito a parlare subito con mio padre forse sarei potuto ripartire l'indomani mattina all'alba... il cuore mi martellava nel petto per lo sforzo, mi fermai un secondo per riprendere fiato, ne avevo bisogno se volevo parlare, non potevo di certo presentarmi di fronte a lui col fiato corto come un ladro scoperto nel momento della fuga.
Quando arrivai di fronte alla stanza di mio padre, le sentinelle di guardia alla sua porta incrociarono le loro alabarde di fronte a me impedendomi di proseguire.
altolà...”
sono il principe Anuar... devo parlare con mio padre immediatamente”
abbiamo ordine di non lasciare entrare nessuno sino a domani mattina”
sono sicuro che non solleverà obiezioni quando saprà che sono io!”
No principe Anuar... il faraone non è solo e non desidera essere disturbato da nessuno in questo momento...”
ma è stato lui a mandarmi a prendere e a farmi condurre sino a qui”
mi dispiace ma questi sono i suoi ordini”
Dalla porta alle loro spalle provenivano delle risatine nervose, doveva essere in compagnia di una delle sue concubine, pensai a mia madre, segregata in solitudine in una parte di quel grande palazzo, dimenticata da quell'uomo che un giorno giurò di amarla per tutta la vita, mentre lui se la spassava con altre donne tranquillamente sotto il suo naso... in quel momento detestai mio padre e tutto quello che rappresentava. Scrollai la testa rassegnato... purtroppo il mio sogno di ripartire all'alba era svanito di fronte a quella porta chiusa.
Erano un paio di mesi che mancavo da casa e già erano bastati per intuire che qualcosa era cambiato dal momento della mia partenza, o forse ero io ad essere cambiato... quello che un tempo mi sembrava normale o di vitale importanza ora non aveva più alcun significato per me, non se il prezzo da pagare era la mia felicità accanto alla donna che amavo... ero disposto a rinunciare a tutto pur di non perdere lei.

venerdì 24 giugno 2011

Capitolo 54

Aurora



Un altro risveglio... un altro posto sconosciuto... quante volte negli ultimi mesi mi ero svegliata sempre in luoghi diversi e sconosciuti, quante gioie e dolori mi erano costati quei risvegli ma erano niente di paragonabile a quello che provavo ora che sapevo di aver perso l'unica possibilità di essere felice.
A volte il tempo gioca mescolando le sue carte … e ci fa incontrare le persone giuste... pero' nei momenti sbagliati...” non ricordai dove avessi sentito quelle parole, ma in quel momento mi sembrarono più vere che mai... era proprio quello che era successo a noi.
Il destino aveva sempre giocato sporco con me... come avevo potuto anche solo pensare che questa volta sarebbe stato diverso.. mi ero illusa che finalmente la dea bendata avesse deciso di baciare anche me... ma poi erano bastate poche frasi ed ero precipitata dal paradiso direttamente tra le fiamme dell'inferno ed avevo capito che ancora una volta avevo perso la mia battaglia con il destino.
Gli occhi gonfi di sonno e di pianto sembravano due enormi borse stracolme di sabbia abbandonate per sbaglio sul mio viso da un bagnante inconsapevole di quanto grande fosse lo sforzo che dovevo fare per riuscire a tenerli aperti.
Mi feci coraggio e mi alzai da quel letto per niente comodo, avvertivo dolori in tutto il corpo, forse era stata la corsa del mattino prima a ridurmi in quello stato pietoso, mi sentivo come se fossi rimasta schiacciata sotto un camion.... sentivo un dolore pulsare sulle tempie ed appena mi alzai la testa prese a vorticarmi unita ad una leggera nausea... che cosa poteva mai essere adesso? Non potevo ammalarmi... non ora.. fra meno di tre ore avevo l'aereo che mi avrebbe riportata a casa e dovevo assolutamente prenderlo... non potevo permettermi di perderlo.
Poi improvvisamente arrivò l'illuminazione... non avevo mangiato che un misero pacchetto di cracker nelle ultime ventiquattro ore, non potevo andare avanti così... il bambino aveva bisogno che io mi nutrissi per continuare a crescere, cercai nella borsa in cerca di qualcosa da mettere sotto i denti ma non riuscii a trovare nulla a parte un pacchetto di caramelle mezze disciolte dal calore, dimenticate da chissà quanto... ne misi una in bocca per tirarmi su ed un calcione mi arrivò dal piccolo aquilotto affamato... l'accarezzai.. “scusami, sono stata proprio egoista... prometto che non ti farò più soffrire la fame piccolo mio..” sembrò capire quello che gli stavo dicendo perché così come aveva iniziato a scalciare, smise.

Mi vestii in fretta e scesi nella sala da pranzo dell'hotel... la grande sala, completamente apparecchiata per la colazione era ancora immersa nella penombra, ai tavoli erano sedute solo poche persone, probabilmente viaggiatori come me in attesa della partenza... Dovevo avere un aspetto orribile, perché quando mi sedetti da sola al tavolo che avevo scelto per fare colazione tutti si girarono verso di me e mi fissarono... sentivo i loro occhi fissi su di me... incominciai a mordicchiarmi le unghie ed a passarmi continuamente le dita tra i capelli... era un gesto che mi portavo avanti sin da bambina, ogni qualvolta mi sentivo a disagio... cercai di non pensare a loro, mi feci coraggio ed andai al buffet... presi qualche fetta di pane tostato ed una brioches.. che iniziai a mordicchiare ancor prima di aver raggiunto il tavolo... avevo una fame da lupi... che stupida ero stata a lasciarmi andare così... se fossi svenuta avrei compromesso la mia partenza ed io avevo un estremo bisogno di lasciare quei luoghi, anche se sapevo che non li avrei mai dimenticati, come non avrei mai dimenticato i momenti vissuti con Anuar... oramai li avevo profondamente impressi nel mio cuore.
Passando di fronte ad un grande specchio il mio sguardo fu attirato dal bagliore argenteo emesso dal piccolo ciondolo a forma di Iside che ancora ornava il mio collo... non l'avevo mai più tolto dalla sera in cui Anuar me lo aveva regalato... quanto tempo era passato? Solo poche settimane eppure sembrava fosse successo secoli prima... lo sfiorai lievemente con la punta delle dita ed una preghiera silenziosa mi salì alle labbra.
dolce Iside.. tu che hai ritrovato i pezzi del tuo sposo, e dopo averlo riportato in vita gli hai dato un figlio... aiutami a ritrovare i pezzi del mio cuore infranto perché possa trovare la forza di dare alla luce il mio bambino!”
Guardai l'orologio, anche se era ancora molto presto, per me era arrivato il momento di lasciare l'albergo, raccolsi le mie poche cose, controllai ancora una volta che i miei documenti fossero in ordine e poi chiamai un taxi.
Per strada la luce dell'alba si faceva lentamente spazio tra quella artificiale dei lampioni, e, sebbene fosse ancora molto presto, c'era vita come a giorno inoltrato, com'era possibile che quella città non dormisse mai? Milioni di persone in movimento 24 ore su 24... non avrebbe mai finito di stupirmi questa cosa.

Sulla sopraelevata che tagliava in due il quartiere di Khan El Khalili, un incidente bloccava il traffico in entrambe le direzioni... l'autista del mio taxi abbassato il finestrino cominciò a sbraitare nella sua lingua incomprensibile e a tirare pugni sul clacson ed in breve tempo la tranquillità dell'alba venne turbata dal suono di centinaia di clacson urlanti... iniziai ad agitarmi, e se avessi perso l'aereo? Chissà quanto ci avrebbero impiegato a sgombrare la carreggiata, provai a chiedere che cosa fosse successo ma il tipo mi parlava in un misto di arabo ed inglese in cui non riuscii a capire nulla... chiusi gli occhi cercando di tranquillizzarmi, aspettando che quella baraonda finisse il prima possibile, in quel momento non vedevo l'ora di salire sull'aereo e lasciare tutto dietro di me.
L'incidente doveva essere più grave di quanto pensassi, impiegammo molto tempo prima di riuscire a passare... e per quanto fossi partita con largo anticipo dall'albergo raggiunsi il terminal delle partenze internazionali giusto in tempo per l'imbarco, fortuna che non avevo bagaglio con me altrimenti sarei rimasta a terra... salii la scaletta del velivolo e girai ancora una volta lo sguardo tutto attorno a me prima di varcare la soglia che mi avrebbe separata da Anuar per sempre.
signora.. va tutto bene?”
si grazie” asciugai la lacrima che mi era scivolata sulla guancia, diedi un ultimo saluto a quel paese che avevo imparato ad amare in ogni suo aspetto ed entrai.

martedì 21 giugno 2011

Capitolo 53



Anuar



Chiudere la porta della grande casa dietro di me fu come ricevere una stilettata al cuore, non avrei voluto seguire Mustafa ma non avevo altra scelta, ero costretto a fare quello che ormai stavo rimandando da troppo tempo... dovevo assolutamente mettere le cose in chiaro con mio padre.

Negli ultimi mesi ero fissuto nell'illusione di poter vivere con Aurora una vita normale nella bella villa di Luxor e di poter dimenticare tutto quello che rappresentavo... in fondo che senso aveva ormai essere un faraone? Era solo un titolo, privo di ogni significato... il regno dei grandi faraoni era crollato migliaia di anni prima, solo i vecchi nostalgici della mia tribù, come mio padre, credevano che quel titolo valesse ancora qualcosa.
 Come poteva un segreto di migliaia di anni prima essere così importante da distruggere la vita di una persona? Eppure era proprio quello che stava succedendo a me... quel segreto aveva sempre rappresentato un ostacolo per me a vivere una vita normale.
Prima di me, aveva rovinato la vita di mia madre, che si era vista portare via, da donne astute ed assetate di potere, l'amore di mio padre solo in nome della successione. Se non fosse stato per la mia nascita sarebbe stata sicuramente ripudiata, e nonostante fosse riuscita a dargli il tanto sospirato erede, i loro rapporti si erano tanto raffreddati da indurli a vivere separati... si facevano ancora vedere insieme solo nelle grandi occasioni, altrimenti mia madre conduceva una vita solitaria rinchiusa in un'ala del grande palazzo.

Le tombe dei faraoni erano state tutte scoperte e tutte le meraviglie che contenevano erano distribuite nei vari musei di tutto il mondo.. solo la mummia di un faraone non era ancora stata trovata, e solo mio padre sapeva dove la sua tomba si trovasse... unico custode di un segreto di 5000 anni, che sarebbe passato a me con la sua morte... ma io non lo volevo, non avevo mai voluto tutto questo, pretendevo di vivere la mia vita liberamente con la persona che il destino aveva deciso di mettere al mio fianco e non con quella designata da un accordo tra i grandi di palazzo.

Quando mi sarei trovato di fronte a mio padre gli avrei detto tutto questo e poi sarei tornato sui miei passi alla ricerca dell'unica donna che avessi mai voluto al mio fianco.

Avrei lasciato la successione del regno a mio fratello così Aisha sarebbe stata contenta finalmente... ed io avrei riavuto la mia vita... mi sarei cercato un lavoro, non aveva importanza dove o cosa avrei fatto, l'importante era che Aurora fosse al mio fianco perché lei era il mio sole, il faro nella tempesta... l'unica ragione per cui valesse veramente la pena vivere... il solo pensiero di averla persa per sempre mi faceva sanguinare il cuore.


cosa darei per passare di nuovo

le mie dita tra i tuoi capelli,

per toccare le tue labbra,

per sentirti accanto a me...”

Mi bastava chiudere gli occhi per rivedere il suo sorriso, i suoi occhi color del cioccolato fuso che brillavano come due stelle nella notte... avevamo passato solo pochi momenti insieme, che cosa sono pochi mesi paragonati all'arco di una vita intera... ma era stato il tempo più bello che avessi mai vissuto... e il mio bambino... il nostro bambino... fra un paio di mesi sarebbe nato, chissà se se sarei riuscito ad assistere a quel piccolo miracolo.
Ricordai  la sensazione provata una mattina in cui appoggiando la mano sul ventre di Aurora l'avevo sentito muovere e scalciare... mio figlio... era così strano pronunciare quella parola... non avevo mai pensato a me come ad un padre, ma fin dal primo momento in cui avevo sfiorato quella piccola vita, mi era sembrata la cosa più naturale del mondo... avevo la felicità a portata di mano e me l'ero lasciata portar via.
Perché mi ero addormentato? Se fossi rimasto sveglio tutto questo non sarebbe successo... continuavo a maledire me stesso, avrei dovuto svegliarla subito, e portarla via da quella casa, sarei dovuto salire sul primo aereo in partenza ed avrei dovuto portarla lontana da Luxor... ma ormai era troppo tardi.

Seguivo Mustafa ed i suoi uomini come un automa... ogni fibra, ogni molecola del mio corpo era legata al ricordo di Aurora e del bambino. 
Passando lungo le strade assolate della città mi trovavo a fissare ogni donna che mi passava accanto cercando in ognuna i tratti singolari del suo viso ma nessuna era lei... nessuna aveva i suoi occhi, la sua dolcezza,  la timidezza che usciva fuori quando meno me lo aspettavo imporporandogli le guance... quel suo essere donna e bambina allo stesso tempo che mi aveva conquistato sin dal primo momento.
Ad ogni passo che mi avvicinava sempre più a casa nel mio cuore si faceva largo una debole e remota speranza di poter ritrovare Aurora a palazzo... la testa mi diceva che questo non sarebbe stato possibile ma il mio cuore non la ascoltava, cercavo di attaccarmi a quella debole speranza con tutto me stesso... avevo bisogno di credere che  non le fosse successo niente per trovare la forza di andare avanti 

Quando la città lasciò il posto alle calde sabbie del deserto quasi non me ne accorsi, preso com'ero a rimuginare nei miei pensieri.

Anuar... a che stai pensando?”

non lo so Karim... la mia mente è vuota, non riesco a pensare che a lei ed al nostro bambino... nel mio cuore sento che stanno bene, ma vorrei tanto averne la certezza... detesto dover seguire Mustafa proprio in questo momento...”

vedrai Anuar che li troveremo... mi dispiace di non essere riuscito a seminare gli uomini di tuo padre, se non ci avessero trovato ora saremo già sulle loro tracce!”

no Karim... la colpa è mia... non avrei dovuto prendere sottogamba il tuo avvertimento... e soprattutto non avrei dovuto addormentarmi”

smettila Anuar con questa storia... ormai quel che è stato è stato, non possiamo più fare niente per cambiare il passato ma possiamo ancora cambiare il futuro...”

lo so amico mio... è che non riesco a spiegarmi come possa essere stata rapita sotto il nostro naso senza che noi ci accorgessimo di nulla... come possono aver ridotto la camera in quel modo senza fare alcun rumore?”

è la stessa cosa che mi sto chiedendo io... stavo dormendo a poca distanza e non mi sono accorto di nulla... secondo me ci è sfuggito qualcosa di importante.”

bisognerà ritornare indietro per scoprire che cosa veramente è accaduto, e così perderemo altro tempo prezioso... se le fosse successo qualcosa non riuscirei mai a perdonarmelo ”

sono sicuro che riusciremo a trovarla... fatti forza amico mio... devi trovare dentro di te la forza di reagire”

Karim aveva ragione, non potevo continuare a piangere sul latte versato.

Attraverso il finestrino vedevo le dune scorrere veloci di fianco a noi, con la consapevolezza che ogni granello di quell'immenso mare di sabbia mi avrebbe portato sempre più lontano da lei.


...ed io ti amerò tesoro...

sempre...

e sarò lì per sempre e per un giorno

sempre...

sarò lì fin quando le stelle brilleranno,

finché il paradiso scoppierà

e le parole faranno rima

e so che quando morirò

tu sarai nella mia mente

e io ti amerò

sempre....

se mi chiedessi di piangere per te,

potrei farlo...

se mi chiedessi di morire per te,

vorrei farlo.

Dai uno sguardo al mio volto,

non c'è prezzo che non pagherei

per poterti dire queste parole.”

giovedì 16 giugno 2011

Capitolo 52




Aurora

Nel giro di mezz'ora, la ragazza della reception a cui mi ero rivolta, mi richiamò .
buonasera signora Mansen... la chiamo per dirle che, se per lei va bene, avrei trovato un volo con disponibilità di posti in partenza per il Cairo questa sera alle 20.55 ... arriverà lì alle 22.05, purtroppo non ci sono partenze dal Cairo per Londra sino alle 9.30 di domattina... se per lei va bene questa sistemazione le posso prenotare il volo, altrimenti le cerco un altra soluzione”
Avrei preferito un volo diretto... ma se non ci sono altre soluzioni...”
se preferisce posso trovarle qualche partenza domani mattina ma comunque deve far sempre scalo al Cairo..”
no.. la ringrazio... va benissimo così, almeno avrò tempo di riposarmi un po' tra un volo e l'altro..”
ha bisogno che le prenoti una stanza al Cairo?”
no la ringrazio, provvederò personalmente... grazie di tutto”
Non volevo rimanere un attimo più del necessario in quel paese dove ogni cosa mi faceva pensare a lui.... lui... non riuscivo a pronunciare neppure il suo nome, mi guardavo allo specchio... e pensavo a quel bambino che non avrebbe mai conosciuto suo padre, sapevo che avrei dovuto essere forte per entrambi ma l'unica cosa che riuscivo a fare era piangere.
Intorno alla gola il groppo era diventato come un nodo scorsoio, vi passavo le mani cercando di liberarmi di quella corda invisibile che non mi permetteva di ingoiare nulla ma ottenevo solo l'effetto contrario, più passavano le ore e più mi sentivo soffocare.
Qualche ora prima della partenza dell'aereo chiamai un taxi e mi recai all'aeroporto... salii sulla macchina e chiusi gli occhi, la paura di incontrare in mezzo alla folla quei due occhi che avevano la capacità di stregarmi era troppo forte... avrei voluto  risvegliarmi con la consapevolezza che era stato tutto un sogno ma sapevo che non sarebbe stato così.

Quando l'aereo decollò da Luxor mi voltai verso l'oblò a guardare per l'ultima volta quella città che mi aveva regalato tanta felicità.. sebbene fosse ormai buio potevo distinguere il grande fiume che divideva in due la città... da una parte gli edifici tra cui potei distinguere distintamente le colonne illuminate del grande tempio, e dall'altra il profilo della montagna tebana, custode delle tombe dei grandi faraoni, si ergeva scura nella notte.
Proprio nel mezzo delle scure acque del fiume riuscii a scorgere la sagoma del piccolo triangolo di terra dove avevo lasciato il mio cuore, se chiudevo gli occhi rivedevo Anuar sulla terrazza mentre discuteva con Karim del suo imminente matrimonio con un altra donna... come potevo essermi sbagliata così tanto su di lui?
Cercai di non pensare a quello che avevo sentito, di scacciare quei ricordi dolorosi che continuavano a trafiggermi il petto.... infilai le cuffie cercando di isolarmi dal resto del mondo... la canzone di James Blunt esplose nelle mie orecchie come un fulmine... descriveva appieno la mia situazione... mi lasciai cullare da quelle note tristi mentre dai miei occhi iniziarono a scendere silenziose le lacrime.


hai toccato il mio cuore,
hai toccato la mia anima
hai cambiato la mia vita
e tutti i miei obiettivi...

...ho baciato le tue labbra
e stretto a me la tua testa
Ho diviso con te i tuoi sogni ed il tuo letto.
Ti conosco bene, conosco il tuo odore
ho aggiunto la mia persona alla tua

Addio amore mio,
addio amico mio
sei stato l'unico,
l'unico per me

sarei stato il padre dei tuoi figli,
avrei passato il resto della vita con te.
Conosco le tue paure e tu conosci le mie...
non posso vivere senza di te!

Sono così vuoto, tesoro, così vuoto...”

signora si sente bene? Posso fare qualcosa per lei?”
ero così presa dal mio dolore che non mi accorsi subito della hostess che stava parlando con me.
scusi?”
le ho chiesto se aveva bisogno di qualcosa”
no grazie... sto bene così”
Molto probabilmente il mio viso stava dicendo il contrario perché si allontanò scrollando la testa, mi alzai ed andai al bagno, dovevo cercare di stare più attenta, di trattenere il dolore per quando fossi rimasta da sola, la testa prese a vorticarmi, mi sentivo molto debole.
signora si sente bene?” chiese premuroso un signore che sedeva nella fila di fianco alla mia.
sì ho solo avuto un giramento di testa”
mi scusi se glielo chiedo... ma da quanto tempo non mette qualcosa sotto i denti?”
Aveva ragione, non mangiavo dalla sera prima... da quando ancora la mia vita era felice, ricacciai le lacrime che sentivo spingere da dietro le ciglia.
tenga.. mangi qualche crackers... non vorrà mica sentirsi male!”
gli sorrisi, era un signore anziano con un viso che mi sembrò di riconoscere anche se non ricordavo a chi potesse appartenere.
grazie.. ha ragione... nella fretta ho dimenticato di cenare”
Mi sorrise, sembrava aver inteso molto di più di quello che avrei voluto fargli sapere. Era una persona simpatica, durante il viaggio sino al Cairo mi tenne impegnata in una conversazione sulle bellezze dell'Egitto che per un paio d'ore mi permise di mettere da parte la mia tristezza.
Quando atterrammo all'aeroporto internazionale del Cairo ci salutammo ed andai in cerca di un taxi, l'aereo per Londra sarebbe partito alle 9.30 del mattino dopo ed io avrei dovuto cercarmi un posto per passare la notte... era impensabile nelle mie condizioni di rimanere all'interno dell'aeroporto.
Dissi al tassista di portarmi all'hotel king, un piccolo hotel che si trovava in pieno centro in cui avevo alloggiato l'autunno precedente durante quel viaggio che aveva stravolto la mia esistenza... non era il massimo, ma era l'unico posto che conoscessi.
A dire la verità c'era anche il grande hotel dove avevo alloggiato prima della partenza per il deserto, ma si trovava troppo lontano dall'aeroporto, e poi mi ricordava tutte le speranze che erano andate in frantumi la sera prima... era passato solo un giorno, un breve ed allo stesso tempo lunghissimo giorno da quando avevo perso tutto e a me sembrava già un'eternità, come sarei riuscita a passare il resto dei miei giorni senza di lui?

Il bambino si mosse a ricordarmi che non ero sola... che una parte di lui ancora cresceva dentro di me e sarebbe stata mia per sempre... non avrei mai permesso a nessuno di portarmelo via... avrei lottato con le unghie e con i denti per rendere la vita di quella piccola creatura il più felice possibile.
Mi distesi sul grande letto e stremata finalmente mi addormentai.