mercoledì 30 novembre 2011

Capitolo 73

Francies

- Perché continui a non capire? Sai bene quanto desiderassi trascorrere il tuo compleanno nella nostra nuova casa. Ho preparato tutto per bene e ora mi dici che non potrai esserci?- 
All’altro capo del telefono la voce alterata di Robert continuava a distruggere tutte le mie speranze …e senza una ragione che mi sembrasse valida vedevo vanificati tutti i miei sforzi.
- Tesoro lo sai che se non avessi questo maledetto impegno volerei subito a casa…-
A casa….Quell’espressione spontanea fece sobbalzare il mio cuore… ancora incredulo che quello splendido uomo volesse me…e che desiderasse condividere la sua vita con la mia. 
-Lo dici soltanto per cercare di addolcirmi…non posso credere che tu mi stia facendo questo. Lo desideravo così tanto…–
Stavo cercando in ogni modo possibile di fare leva sul suo senso di colpa… ma nulla sembrava funzionasse.
- Ti chiamo più tardi, ora devo andare…mi stanno chiamando... scusami amore! Sai che vorrei soltanto essere lì con te. Bacio – 
Lo schiocco sonoro delle sue labbra risuonò leggero prima del click che terminava la chiamata. Guardai il display come se nascondesse qualche segreto… ma, buio come il mio umore, rimandava soltanto la mia immagine riflessa. Coda alta…legata come capitava…occhi cerchiati dall’insonnia che mi impediva di riposare… e tracce di cioccolato ai bordi delle labbra e sulla guancia sinistra che mi ero tormentata per tutto il tempo della telefonata.
Quell’enorme torta che avevo appena finito di decorare Robert non l’avrebbe mai vista…e nemmeno il prezioso regalo che mi ero finalmente decisa a prendere dopo tanti dubbi.
Gettai il telefono sul letto e sfilandomi di dosso la maglietta e i jeans mi gettai sotto la doccia a pensare.
L’acqua scorreva lenta sulla pelle, attenuando, col suo tepore, quel gelo che la sua assenza mi procurava. Sapevo da principio che il suo lavoro l’avrebbe spesso portato lontano, ma non mi ero resa conto di quanto fosse difficile… la sera… stendermi tra le lenzuola immaginandolo all’altro capo del mondo.
Presto sarei dovuta tornare a New york per la presentazione delle nuove collezioni … vedersi sarebbe diventato ancora più complicato…e la sua festa di compleanno mi era sembrata un momento splendido per inaugurare la nostra vita insieme, tra quelle mura che facevano da solida culla al nostro amore. Sollevai il capo per permettere al getto d’acqua di scivolarmi sul viso… e avvolta in quella nuvola di vapore rividi noi due su quella spiaggia lontana… mano nella mano a sollevare gli occhi al cielo, a ridere di semplici sciocchezze… a dividerci lo stesso panino a morsi, mentre i gabbiani volteggiavano contendendosi l’azzurro palcoscenico sospeso. Era in quello scorcio di paradiso che aveva preso forma nella mia mente una possibile vita insieme… coronata solo qualche giorno più tardi, quando mi aveva portata in quella grande villa chiamandola… la nostra casa.
Non potevo permettere che un giorno tanto speciale venisse sprecato a quel modo… ed anche se comprendevo non dipendesse da lui… mi dispiaceva non essere al suo fianco allo scoccare della mezzanotte e di non poterlo abbracciare sussurrandogli all’orecchio gli auguri a modo mio.
- Se Robert non verrà da me… allora andrò io da lui…semplice.-
Pronunciai quelle parole ad alta voce a me stessa…disegnando sul vetro appannato della doccia le iniziali dei nostri nomi. Mi sentivo come un’adolescente alla prima cotta… e il più delle volte mi riscoprivo a volteggiare tra le nuvole rosa, incapace di trattenermi. Il solito incontenibile sorriso ricomparve… e cercai invano di soffocarlo schiarendomi la voce.
Non avrei permesso al suo lavoro di rovinarmi una festa tanto importante, così raccolsi i capelli con una grande molletta e uscita dalla doccia chiamai subito l’aeroporto…prenotando un volo per LA che sarebbe partito a fine giornata.
Misi con cura in valigia qualche abito comodo ed uno speciale per la serata successiva, un tacco vertiginoso che avevo scoperto farlo impazzire… e alcuni indumenti intimi che ero più che sicura avrebbe gradito.
- Fatto!-
Mettere in opera ciò che avevo deciso di fare era stato più facile che pensarlo… come sempre.
Gli avrei fatto una sorpresa e quindi optai per tenere nascosto questo mio viaggio improvvisato… a tutti tranne che ad Aurora.
Quella ragazza ne aveva passate davvero tante e sapevo che al momento poteva contare solo su di me.
Mi gettai nel letto ancora avvolta nell’asciugamano, mentre alcuni ciuffi di capelli gocciolanti disegnavano strane forme sul candido copriletto imbottito. Afferrai il cellulare abbandonato sopra il cuscino e cercai in rubrica il numero di lei… guardai la sveglia sul comodino dondolando i piedi…erano le dieci del mattino, non poteva essere ancora a letto.
- Ciao tesoro, ti ho svegliata? – Sembrava dentro ad una caverna, perché la sua voce fece eco rimbombando negli orecchi.
- Sei pazza? Sono uscita a fare compere molto presto e sono rientrata da più di un’ora. Vedessi cosa sto combinando…Non so come mi sia venuto in mente, ma è una vera figata ( meraviglia) – Sembrava entusiasta. Indagai.
- Sentiamo!!!.. Cosa ti sei inventata stavolta? –
- Non voglio dirtelo… ti rovinerei la sorpresa… e poi non è ancora finito, quindi abbi pazienza e vieni più tardi ad ammirare l’opera, vuoi?-
Sarei passata da lei prima di andare in aeroporto, così le avrei potuto spiegare di persona i motivi di questa mia decisione improvvisa.
- D’accordo ciccia, appena mi libero passo lì da te… cerca di non fare sciocchezze, lo sai che ormai mancano pochi giorni … cerca di avere cura del tuo bambino….- 
- E’ quello che sto facendo… poi capirai perché!!-
- Ok allora a dopo… sono proprio curiosa. – Ascoltai la sua risata e sperai che fosse sincera. Desideravo vederla felice.
Raccolsi le poche cose che ancora mancavano al mio bagaglio improvvisato e guardai quanto tempo mi restasse prima della partenza. Mancavano più di otto ore… avevo tutto il tempo di scendere al parco a passeggiare… e un po’ d’aria non mi avrebbe che giovato. Mi infilai la tuta da ginnastica, un paio di Nike consumate che Rob considerava fantastiche… un paio di Rayban che aveva dimenticato a casa… e sollevai il cappuccio come faceva lui.
“Non credo sia necessario… però è divertente. ”
Cercai di immedesimarmi nella sua vita di tutti i giorni… ma ancora non avevo mai toccato con mano un assalto delle sue fans. Mi raccontava storie incredibili di donne che chiedevano di essere morse… altre che gli gettavano le braccia al collo per rubargli un bacio… una addirittura aveva preteso che andasse con lei a casa della figlia per fare una foto. Quella non era vita, ma il successo aveva risvolti strani… sperai soltanto che non ripiombasse in quel malessere in cui versava quando lo avevo incontrato la prima volta a Malibù.
Ero seduta su una panchina al Sole, quando scorsi in lontananza un taxi che accostava ai bordi della strada. Mi fermai ad osservare distrattamente quel che accadeva intorno a quell’auto… e aguzzai la vista quando mi accorsi che il passeggero sceso di lato… somigliava tanto a Robert.
Rimasi perplessa e quando cercai di scrutare meglio per averne conferma… un grosso pullman si mise proprio davanti impedendomi la visuale. Aspettai che si spostasse, ma quando si mosse… lui era sparito e con lui anche il taxi.
Dissi a me stessa che dovevo essermi sbagliata… e anche se il pensiero continuava a darmi il tormento... mi convinsi che fosse stato solamente un abbaglio.
Il taxi arrivò puntuale alle cinque e caricati i bagagli diedi l’indirizzo di Aurora.
Non era lontana, ma data l’ora di punta ci impiegammo più del dovuto… Una volta giunta a destinazione pagai la corsa e mi avvicinai al portone salendo quei pochi scalini. La borsa in spalla, stavo per suonare… quando ricordai di avere le chiavi e pensandola a fare chissà quale stramberia, optai per usarle senza costringerla a venire ad aprirmi.
Ero già oltre la porta quando il taxi partì e senza esitare entrai appoggiando le mie cose a terra.
Tutto era buio al piano inferiore, l’unica fonte di luce proveniva dalla cucina e dalla grande finestra a vetri che dava sul giardino. Immaginai di trovarla seduta sulla sua sedia preferita a sognare con lo sguardo perso oltre quel filtro trasparente, ma quando entrai trovai soltanto i resti della colazione che doveva aver fatto ore prima… era pazza…  mangiava poco e non dormiva mai e questo non andava bene nelle sue condizioni.
Mi versai un sorso d’acqua dal rubinetto e lo lasciai scivolare in gola…
La risata cristallina di Aurora giunse chiara dal piano superiore e sorridendo appoggiai il bicchiere sul tavolo e cominciai a salire le scale…possibile che fosse così fuori di testa da ridere da sola?
Il corridoio portava diritto alla cameretta della bimba ed ero sicura che fosse lì dentro che la mia amica stava combinando una delle sue… mi avvicinai senza far rumore e gettai lo sguardo all’interno dove una forte luce illuminava dal fondo impedendomi di vedere nitidamente…

rimasi basita… mentre sulle mie labbra lento e inesorabile il sorriso moriva.
Non era possibile che accadesse…
In un attimo il respiro mi abbandonò, lasciando senza vita ogni parte di me.
Tra le macchie di luce che accecavano abbagliando… c’era il mio Robert…. abbracciato a quella che fino ad un momento prima avevo considerato la migliore amica del mondo…l’accarezzava e la baciava teneramente con una dolcezza tale… da non lasciarle il tempo di riprendersi….
Rimasi impietrita ad osservarli mentre il tempo scorreva lento scandito dal faticoso pulsare del mio cuore strappato…. lacerato… da un amore rubato ancor prima di regalare a pieno le sue promesse…
Lo stupore… l’amarezza e lo sconforto furono presto sostituite da una rabbia che cresceva dallo stomaco e quando giunse in gola si trasformò quasi in un ruggito.
- Era questa la sorpresa che mi avevate preparato? Tutto qui quello che sapete fare? Aurora da te mi aspettavo qualcosa di più originale!!! –
Avevo spalancato la porta colpendola col piede e mi ero messa di fronte a loro, le mani sui fianchi , mostrando una sicurezza che nella realtà non sentivo affatto. I loro occhi si girarono meravigliati, senza rivelare alcun segno di pentimento e la cosa mi ferì nel profondo impedendomi di dire altro. Aurora era sobbalzata sentendo la mia voce e teneva la mano stretta sul pancione quasi a proteggere la sua creatura.
- Ciao Francies… hai visto chi c’è ?- Sospirò per lo spavento. Sembrava quasi felice… ero fuori di me.
- Ho visto abbastanza da volervi per sempre fuori dalla mia vita. –
Così dicendo mi avvicinai di qualche passo… accorgendomi che qualcosa non quadrava. Robert non parlava… e i suoi occhi sembravano diversi… i capelli sembravano striati di biondo… la pelle molto più scura di come la ricordassi qualche giorno prima. Rimasi a fissarlo avvicinandomi sempre di più… un leggero velo di barba nascondeva quei particolari della pelle che avrei riconosciuto tra mille… ero perplessa. Lui mi osservava con l’aria di chi non ha la più pallida idea di chi abbia davanti.
- Ma… Sei tu?- Sorrise rivelando la sua dentatura candida e nei suoi splendidi occhi verdi non riconobbi l’uomo che amavo… ma la sua esatta copia.
- Ciao... io sono Anuar…-
- …Francies. – Risposi come un automa… Si avvicinò a me abbracciandomi stretta come se volesse farmi volteggiare… e io rimasi rigida tra le sue braccia che non accennavano a mollare la presa.
- Che sta succedendo qui?- Robert comparve sulla porta spuntando dal nulla e Aurora ancora scossa, si spaventò nuovamente e scivolò a sedere sul pavimento, imprecando tra sé. 
Nessuno rispose e posandomi a terra ci voltammo entrambi verso di lui che rimase attonito a fissare l’uno e poi l’altra …. senza capire.
- Posso spiegare tutto io se mi date una mano ad alzarmi. – Aurora fece presa con le mani sul pavimento per cercare di alzarsi da sola, ma un dolore visibile la ricostrinse a terra, contorcendosi senza forze per la fitta all’addome che l’aveva colta di sorpresa.

Ancora turbati ci avvicinammo tutti e tre per soccorrerla e lei ci allontanò con la mano per impedirci di muoverla proprio in quel momento. 
Riconobbi le contrazioni di cui mi aveva più volte parlato.
- Aurora , tesoro che ti succede? …ci siamo?-
- Credo di si…- Fu tutto quello che riuscì a dire prima che una più forte contrazione la costringesse a raggomitolarsi a terra dal dolore.
- Oh Mio Dio… e adesso? Pensi di farcela ad alzarti per stenderti a letto?-
- Ora ci provo…dammi un minuto. – Respirava profondamente e quando si sentì pronta fece cenno di volersi sollevare da terra.
- Voi due potreste anche fare qualcosa per Dio, no?-
Robert e Anuar stavano uno di fronte all’altro come due statue di cera, senza trovare parole da dirsi. Aurora ed io li osservammo per un istante e guardandoci poi negli occhi lessi la risposta alla mia domanda. 
Un attimo dopo fu colta da altro spasmo …questa volta più forte che la costrinse a urlare, facendo tornare alla realtà tutti noi.
- Non puoi rimanere qui per terra… quando il dolore si attenua ti portiamo a letto. Ok?- le dissi cercando di calmarla.
La sollevammo in tre, ma quando si trovò in piedi un liquido caldo cominciò a colare lungo le gambe inzuppandole i vestiti.
- Si son rotte le acque…il parto è iniziato. - dissi ostentando una sicurezza che in realtà non avevo, ma sapevo che dovevo tenere duro per me e per Aurora, visto che ormai era troppo tardi per andare in ospedale.

domenica 23 ottobre 2011

Capitolo 72

Aurora

Grazie all'aiuto di Francies, anche se a fatica, riuscii a tirarmi fuori dal baratro nel quale stavo precipitando senza neanche rendermene conto, avevo passato troppo tempo lasciandomi andare, annullando completamente me stessa dentro quel dolore sordo che, dal giorno in cui avevo lasciato la villa di Luxor, si era posizionato all'altezza del mio cuore ma, anziché combatterlo come bene o male avevo sempre fatto con le sventure che si erano susseguite lungo la mia esistenza, mi ero nutrita di esso trasformandomi in uno zombie.

Francies era arrivata appena in tempo per salvarmi da me stessa, ero stata una sciocca a non chiamarla, a non confidarmi con lei, grazie alla sua forza ed alla sua gioia di vivere in pochi giorni tornai ad essere la solita Aurora di un tempo, anche se il peso che portavo nel petto non accennava a sollevarsi, ormai ero consapevole che avrei passato la vita con quel silenzioso compagno di viaggio ma,  tra pochissimo tempo avrei avuto la compagnia del mio bambino a confortarmi nei giorni bui.
Quando iniziai a stare un po' meglio, insieme a Francies mi convinsi a trasformare il vecchio studio di zia Stephanie in una cameretta da favola per il mio piccolo principe, e se fosse stata una principessa? Avevo fatto le ultime visite insieme a Francies, ma non avevo voluto sapere il sesso del piccolo, avevo deciso di aspettare la sorpresa, per me non aveva importanza che fosse maschio o femmina, l'unica cosa di cui mi importava era che stesse bene, e dopo tutti i rischi che avevo corso in Egitto, non ero troppo tranquilla, se fosse successo qualcosa a quel bambino non avrei avuto la forza di andare avanti.
Chiamai una ditta specializzata in traslochi e feci imballare tutti i libri della zia in grossi scatoloni di cartone, ancora non sapevo che ne avrei fatto, quindi li feci impilare nel salotto, e quando finalmente i vecchi mobili della zia furono portati via dal furgone mi misi all'opera aiutata dall'instancabile Francies dipingemmo la stanza di un pallido azzurro cielo su cui feci dipingere delle soffici nuvole bianche, e sul soffitto applicai delle stelline fosforescenti che la notte brillavano nel buio... volevo che il mio bambino avesse la sensazione meravigliosa che avevo provato io dormendo sotto il manto stellato... era quasi tutto finito, i mobili erano già stati sistemati, mancava ancora qualche piccolo ritocco e poi tutto sarebbe stato pronto.
Una mattina mi svegliai con una strana frenesia, avevo sbagliato tutto, mancava ancora una cosa perché quella stanza fosse esattamente come volevo che fosse... andai in un negozio per il fai da te e tornai a casa con tutto l'occorrente per dipingere sul muro, non dissi nulla a Francies di quello che stavo combinando, certa che mi avrebbe dissuaso dal sottomettermi ad una fatica simile, erano anni che non toccavo un pennello, ma, sentivo che era giunto il momento di rimettermi all'opera... abbozzai il disegno sul muro a matita e poi iniziai a distendere il colore, mano a mano che andavo avanti col mio lavoro, mi sentivo sempre più entusiasta ed il bambino sembrava condividere la mia emozione perché non smetteva di dibattersi nel mio ventre, dopo le prime pennellate insicure il disegno prese forma sotto i miei occhi e mi ritrovai a fissare estatica i personaggi di Madagascar che mi correvano incontro sorridendo dalle sabbie cristalline dietro di loro, la stanza che fino a pochi giorni prima era una camera come tante altre, si stava trasformando in un piccolo paradiso africano.

Erano giorni che lavoravo a quel progetto e la stanchezza si faceva sentire, avevo la schiena e le gambe a pezzi ma, finalmente, ancora poche pennellate e tutto sarebbe stato perfetto e poi avrei avuto tutto il tempo che volevo per riposare.
Francies mi telefonò per dirmi che sarebbe passata a trovarmi nel primo pomeriggio mentre si recava in aeroporto... aveva avuto una discussione con Robert, così, per farsi perdonare, aveva pensato di fargli una sorpresa raggiungendolo a Los Angeles per festeggiare assieme il suo compleanno.
Era piovuto tutta la mattina e l'aria era densa di umidità, nel primo pomeriggio un pallido sole si fece largo tra la coltre di nubi ed io spalancai la finestra per assaporarne il tepore sulla pelle mentre davo gli ultimi ritocchi al mio capolavoro, chissà che avrebbe pensato Francies vedendo quello che avevo combinato!
Una ciocca di capelli, sfuggita alla coda di cavallo mi scese sul viso, cercai di spostarla, ma il pennello mi sfuggì di mano cadendo ai miei piedi... questa non ci voleva, con il pancione era un'impresa titanica chinarmi a raccoglierlo... “uffa!!” mi sfuggì dalle labbra mentre cercavo di costringere le mie ginocchia a piegarsi, mi sentivo come un enorme pachiderma costretto ad un numero di contorsionismo in un circo.

Allungai la mano in cerca del pennello e mi ritrovai a sfiorare un altra mano, sollevai lo sguardo e mi rispecchiai in due iridi verdi che mai avrei pensato di rivedere in vita mia... restai senza parole, mi scordai persino di respirare mentre il barattolo del colore che stringevo ancora nell'altra mano mi scivolò tra le dita spargendo il suo contenuto rosso fuoco sul pavimento immacolato.
Non potevo credere che fosse proprio lui, mi stavo sbagliando, forse stavo solo sognando, la mente riusciva a creare strani disegni a volte, doveva essere proprio così, mi ero talmente immedesimata in quello che stavo facendo che lui si era materializzato di fronte ai miei occhi.... tra pochi istanti mi sarei svegliata ed avrei scoperto che era stato solo un sogno, uno splendido sogno, “non voglio svegliarmi... non voglio svegliarmi.... non voglio svegliarmi” continuava a ripetermi una vocina dentro la testa.
Anuar?” pronunciai il suo nome senza nemmeno accorgermene.
sì Aurora”
Allora era tutto vero... era veramente inginocchiato di fronte a me, non era il frutto della mia fantasia.

La sua bocca sempre più vicina, sentivo il suo respiro sul viso, la barba solleticarmi la pelle delle guance, e, quando finalmente le mie labbra si posarono sulle sue tutte le mie paure si dissiparono, come il sole in primavera strappa la terra al gelo, così il suo bacio aveva risvegliato il mio cuore sollevando il peso che opprimeva la mia anima.

giovedì 6 ottobre 2011

Capitolo 71



Anuar

Uscii dalla grande villa con il cuore molto più leggero rispetto a quando vi ero entrato, finalmente ero riuscito a far luce sul mistero che pareva aver circondato Aurora sino a poco tempo prima, ora non mi rimaneva che correre a Londra e cercare di farmi perdonare da lei.
Andai subito in cerca di un taxi che mi portasse all'aeroporto di Luxor, dovevo trovare un volo per Londra che partisse il prima possibile, avevamo passato già troppo tempo lontani e la voglia di lei era un dolore sordo che mi attanagliava le viscere.
Non avevo ancora controllato i documenti che mia madre aveva messo dentro lo zaino che mi aveva consegnato prima che partissi, appena mi sedetti sul sedile posteriore del taxi tirai fuori la busta che conteneva il passaporto e tra le pagine scivolò fuori un foglio ripiegato in quattro dove riconobbi l'elegante e minuta calligrafia di mia madre.

tesoro mio,
Ti ho amato sin dal primo momento in cui ho saputo che stavi crescendo dentro me, e quando per la prima volta ti ho stretto tra le braccia ho sentito che tutta la mia vita aveva avuto finalmente un senso. Tu non puoi capire quanta felicità sappia donare un esserino così piccolo... poco importa se tu non sei il bambino che ho portato in grembo, non avrei saputo amarlo diversamente o più di quanto ho amato te... per questo non ho avuto il coraggio di raccontarti la verità, non volevo perdere mio figlio perché tu sei e sempre sarai per me il mio bambino.
So che non mi perdonerai facilmente per quello che ti ho tenuto nascosto in tutti questi anni, ma anche tu, un giorno, quando avrai dei figli, potrai capire le ragioni per cui l'ho fatto... vorrei poterti aiutare a ritrovare le tue origini, ma purtroppo non conosco i nomi dei tuoi veri genitori, so che ti chiedo molto, ma se un giorno riuscirai a scoprire la tua vera identità, vorrei tanto che facessi una cosa per me... posa un fiore sulla piccola bara del mio bambino e digli quanto bene gli ho voluto.
Spero tanto che tu sia felice... ti amo tanto.
Tua madre

L'inchiostro qua e là era macchiato dalle lacrime che mia madre aveva versato scrivendo quelle poche righe così cariche d'amore, ed un nodo mi strinse la gola... ero stato ingiusto con lei, aveva dedicato la vita alla mia felicità ed io l'avevo ripagata nel peggiore dei modi, in fondo quanto poteva aver sofferto crescendo il bambino di un altra donna senza il conforto di una tomba su cui piangere il proprio piccolo? Anche lei, proprio come me, era stata privata della sua vera famiglia, ed ancora una volta si era fatta in quattro permettendomi di scappare e rischiando la sua stessa vita per me, non sapevo chi fossero i miei veri genitori, ma di sicuro lei era la miglior madre che un figlio potesse desiderare di avere.
Non mi restava molto tempo, le torri dell'aeroporto spiccavano contro il cielo proprio di fronte a noi, riposi la lettera nella busta e guardai il passaporto, era così strano vedere la mia foto sorridermi da quel foglio di carta e leggere un nome che non mi apparteneva, sarei stato capace di abituarmi a quella nuova esistenza? Solo il tempo poteva rispondere a quella domanda... da quel momento in poi il mio nome sarebbe stato Anthony Howard, nato a Londra il 13 maggio del 1986, con tutto quello che mi era successo negli ultimi giorni quasi l'avevo dimenticato, l'indomani sarebbe stato il mio compleanno.
Ripensai a quello che sarebbe successo se mia madre non avesse trovato il modo di farmi fuggire dal palazzo... chissà che ne era stato di lei... se qualcuno aveva già scoperto la mia fuga o se ancora stava coprendomi permettendomi di lasciare il paese... tutto sembrava tranquillo, ma talvolta le apparenze ingannano, ormai l'avevo capito a mie spese, dovevo quindi stare molto attento a non farmi scoprire, a Luxor potevo passarla liscia, quasi nessuno mi conosceva, ma al Cairo tutto sarebbe stato diverso, l'ombra della lunga mano dell'uomo che avevo sempre creduto essere mio padre ricopriva tutto il perimetro della metropoli, i suoi fedeli servitori si erano infiltrati in ogni attività, e non sarebbe stato facile ingannare i suoi scagnozzi.
Andai in cerca di un volo diretto per evitare di farvi scalo, ma purtroppo nessuna delle compagnie aeree mancava di effettuare lo scalo nella capitale, quindi, incrociai le dita ed optai per il primo volo disponibile, volevo arrivare da Aurora il prima possibile ed inoltre rimaneva nella capitale solo un'ora.
Quando il velivolo iniziò la discesa verso l'immensa distesa di cemento sotto di noi, un nodo mi strinse lo stomaco, chiamai l'hostess e le chiesi se avremmo dovuto scendere dall'aereo al nostro arrivo e lei mi tranquillizzò dicendomi che non era necessario, si trattava solo di uno scalo tecnico per permettere ai turisti di tornare a casa o proseguire il loro viaggio tra le bellezze della più grande città del nord Africa, non appena le ruote del carrello si staccarono nuovamente da terra abbandonando dietro di se il suolo egiziano tirai un profondo respiro di sollievo e mi rilassai contro lo schienale del seggiolino.
Mancavano un paio d'ore all'arrivo, e i piccoli schermi, sospesi sopra i sedili, trasmettevano un film, tutti i passeggeri sembravano interessati alle immagini che scorrevano davanti ai loro occhi, tutti tranne me... i miei occhi restavano fissi sull'agendina di Aurora che stringevo tra le mani, il suo indirizzo scritto con la sua calligrafia arrotondata, un po' da bambina, spiccava sulla prima pagina come fosse una scritta lampeggiante al neon, continuavo a leggerlo e rileggerlo senza sosta per imprimerlo nella memoria, temevo si cancellasse all'improvviso lasciandomi ancora una volta senza una pista da seguire. Ogni tanto guardavo fuori dall'oblò, cercando uno sprazzo tra le nuvole che mi permettesse di avvistare la mia terra promessa, ma il tappeto di nuvole, soffice ed uniforme ricopriva ogni cosa, sembrava di sorvolare un'immensa distesa di panna montata.

Arrivai a Londra nel primo pomeriggio, non appena fui sceso dall'aereo mi ritrovai con centinaia di occhi puntati su di me, un paio di volte scorsi perfino lo scatto di un flash, che diavolo avevano in quella città? Perché le ragazzine mi guardavano come fossi un essere sovrannaturale? E perché continuavano a chiedermi di fare foto con loro? Non riuscivo a comprendere quegli strani comportamenti, ed in fondo non mi importava, l'unica cosa che mi importava era di colmare il più in fretta possibile la distanza che ancora mi separava da Aurora. Sbrigai le formalità burocratiche e mi allontanai il più in fretta possibile da quello strano posto... un brivido mi arricciò la pelle delle braccia non appena lasciai il caldo rifugio del terminal, infilai la felpa che avevo portato con me ed un cappellino di lana per proteggermi dal freddo, nonostante l'estate fosse ormai alle porte fuori dall'aeroporto il termometro segnava 16 gradi.

Nonostante un timido sole risplendesse sulla città, doveva aver piovuto da poco perché le strade erano costellate di pozzanghere dove i palazzi si rispecchiavano, e l'aria era carica di umidità che mi entrava fin dentro le ossa... veramente ero nato in quel posto così freddo dove pioveva in continuazione?
Fermai il primo taxi e diedi all'autista l'indirizzo di Aurora sperando che non fosse troppo distante, ormai non stavo più nella pelle.
Il taxi si fermò di fronte ad un portone di un elegante villetta a schiera, tirai un lungo sospiro e dopo aver pagato mi avvicinai al portone di legno scuro, il cuore nel petto batteva talmente forte che pensai sarebbe balzato fuori da un'istante all'altro... allungai la mano verso il campanello, quando mi accorsi che qualcuno aveva lasciato il portone socchiuso, senza riflettere spinsi ed entrai.
La scala era immersa nella penombra, salii a due a due i gradini e mi ritrovai in un grande salone dove erano accatastati mobili e scatole, un nodo mi strinse la gola... non poteva essersi trasferita... non ora, corsi verso le stanze che si affacciavano sul salone e finalmente la vidi.
Rimasi come paralizzato ad osservare il suo profilo in controluce, il sole giocava col pulviscolo che aleggiava nella stanza rendendola quasi irreale, era intenta a dipingere su una delle pareti di quella che, mi accorsi solo in quel momento, doveva essere la stanza del bambino.... una ciocca di capelli le scivolò lungo il viso e nel tentativo di spostarla dietro l'orecchio il pennello le cadde di mano. “ uffa!!” le sentii pronunciare mentre con fatica tentava di chinarsi a raccoglierlo, la pancia che ormai si protendeva enorme oltre la sua esile figura, la intralciava nei movimenti. Senza pensare corsi verso di lei e mi allungai verso il pavimento per aiutarla.
le mani si sfiorarono raccogliendo il pennello ed i suoi occhi corsero al mio viso colmi di stupore, il barattolo del colore che ancora teneva stretto nell'altra mano le sfuggì spargendo sul pavimento il suo contenuto. Restammo accovacciati a fissarci per un attimo che mi parve infinito.
Anuar?...”
Sì.. Aurora...”
non riuscimmo a pronunciare altro, per le spiegazioni ci sarebbe stato tempo... per quanto tempo avevo bramato il dolce sapore dei suoi baci... la mia bocca cercò la sua, come quella di un assetato che improvvisamente si trova di fronte ad un ruscello di acqua cristallina, e quando finalmente le nostre labbra si incontrarono sentii di essere finalmente a casa.

 

giovedì 22 settembre 2011

Capitolo 70



Anuar

Artax sembrò capire la mia impazienza e non si tirò indietro quando affondai i talloni nei suoi fianchi caldi, lanciato verso la libertà, con il vento che mi sferzava il viso, mi sentii un tutt'uno con l'animale sotto di me come mai prima di allora.
Lasciai indietro i miei compagni di viaggio certo che avrebbero capito le mie esigenze, e mi precipitai giù per il versante della montagna come se avessi avuto alle calcagna tutti i diavoli dell'inferno... per mia fortuna quel tratto del sentiero si era mantenuto in miglior condizione rispetto al resto del tragitto che avevamo compiuto sino a quel momento, altrimenti Karim e Jasmine mi avrebbero ritrovato alle prime luci del mattino disteso sul fondo di uno dei tanti dirupi che costellavano il fianco scosceso della montagna tebana, ma quella notte un angelo silenzioso vegliava su di me, perché per quanto osassi sfidare il destino arrivai a valle sano e salvo.
Ben presto, il sentiero sotto di noi cambiò, e lo stretto viottolo, scavato nella roccia friabile della montagna, lasciò il posto ad un ampio viale... fu così che, quasi senza che me ne accorgessi, mi ritrovai a sfrecciare di fronte alle rovine dei templi sulla strada che da Luxor portava alla valle dei Re, a stento riuscii a distinguerne le colonne nascoste dal cupo mantello della notte, giacevano immerse nel silenzio, mute testimoni di un tempo che ormai non esisteva più.
Ormai ero vicino, potevo sentire, nascosto dal rumore degli zoccoli il lento sciabordare delle acque del Nilo... Poco prima di raggiungere il ponte che attraversava il grande fiume svoltai in un sentiero laterale nascosto dalla vegetazione, poco lontano, nascosta in un fitto canneto, si trovava l' imbarcazione con cui avrei raggiunto la piccola isola.
Infatti dopo poche centinaia di metri il rumore degli zoccoli fu attutito dal suolo fangoso e proprio davanti a me scorsi lo scintillio delle acque.
Saltai giù dalla groppa di Artax e fissai le briglie ad un palo della staccionata che delimitava il sentiero.
Ciao Artax... la nostra corsa finisce qui... sei stato un grande amico, ma purtroppo non posso portarti via con me... parlerò con Karim e gli dirò di cercarti un padrone fidato... non penso che ci rivedremo ancora noi due...”
Un groppo mi stringeva la gola, non riuscii a pronunciare altro, appoggiai la fronte sul muso sudato di quello splendido animale e gli strinsi le braccia intorno al collo, non avrei mai pensato che sarebbe stato così duro separarmi da lui... lo guardai ancora una volta nel profondo dei suoi occhi neri... ero sicuro... aveva capito tutto.

Con un balzo saltai sulla prua della piccola imbarcazione e mi allontanai da lui... potevo sentire il suo sguardo dritto su di me ed una lacrima mi scese lungo la guancia “addio mio buon amico” dissi mentre la barca mi trascinava lontano da lui e come risposta mi arrivò un lungo nitrito.
Il lato ovest del Nilo era completamente deserto, nessuna luce rischiarava il mio cammino su quelle acque nere e piene di insidie, da tempo i coccodrilli erano scomparsi in quella parte del fiume, ma le rocce che affioravano silenziose erano altrettanto insidiose per i naviganti che poco conoscevano quelle acque buie... persino le grandi navi da crociera che durante il giorno trasportavano centinaia di turisti da nord a sud lungo il corso del Nilo, la notte restavano ancorate in fila sulla banchina della città, non di rado sui giornali si leggeva di qualche naufragio.. mi avviai verso il triangolo di terra scuro che si trovava proprio in mezzo a quelle acque buie, guidato solo dal mio istinto e affidai ancora una volta la mia vita al destino.
Quando fui a debita distanza dalla riva sciolsi i lacci che tenevano legata la vecchia vela... con uno schiocco sordo si tese e si gonfiò nella leggera brezza che solcava il fiume trasportandomi dolcemente verso la mia meta.
L'isola era completamente immersa nel silenzio, nessuna luce rischiarava la grande villa, per tutta la durata della fuga notturna avevo millantato nel mio cuore la speranza che Aurora potesse essere lì ad aspettare il mio ritorno, invece la grande casa troneggiava sul piccolo lembo di terra ricoperto di vegetazione buia e silenziosa come un castello abbandonato da tempo memorabile.
Cercai le chiavi che avevo tenuto appese al collo per tutto il tempo, ed aprii il cancello di legno che immetteva nello splendido parco, entrando mi voltai verso la piscina in cui avevo sguazzato beatamente assieme ad Aurora... quello che fino a poche settimane prima era il nostro piccolo angolo di paradiso, ora assomigliava più ad una palude, senza l'adeguata manutenzione, sulla superficie della piscina si era depositato uno spesso strato di foglie che a stento lasciava intravedere l'acqua.
Tirai un sospiro ed andai avanti senza più voltarmi indietro, la soluzione del mistero sulla scomparsa di Aurora, ormai ero certo, doveva trovarsi nello scompiglio della nostra camera da letto. Quindi mi diressi deciso al piano superiore... la polvere si era posata sui gradini ricoprendo col suo velo impalpabile il legno scuro delle scale... le ragnatele pendevano indisturbate dal soffitto come una trine d'argento... e così i vecchi proprietari avevano ripreso possesso della loro casa.
Posai la mano sulla porta della camera da letto con la paura che una solerte cameriera avesse messo mano in quel caos rimettendo ogni cosa al suo posto privandomi così della mia ultima speranza, sapevo che non era possibile, ma la paura che ancora una volta le cose non andassero per il verso giusto tornò ad attanagliarmi le viscere... mi feci coraggio e spalancai la porta che mi divideva dalla conoscenza.
La stanza, immersa nel buio della notte era come la ricordavo.. scarpe, vestiti... biancheria... cassetti... ogni cosa giaceva abbandonata sul pavimento e sopra il letto ancora disfatto proprio come l'avevo lasciata... come se la furia di un uragano si fosse abbattuta all'interno di quelle quattro mura devastando ogni cosa al suo passaggio... accesi la luce ed iniziai a rovistare tra le macerie di quella che una volta era una camera da letto.
Raccolsi i cassetti dal pavimento, li ricollocai sulle loro guide, ed un pezzo alla volta rimisi ogni cosa al proprio posto cercando di non tralasciare nulla che potesse essere importante per il ritrovamento di Aurora, ma non trovai niente che potesse aiutarmi a far luce su quanto era successo quella fatidica notte di due settimane prima.

Esausto mi gettai tra le lenzuola del letto disfatto il cuscino ancora emanava un debole sentore di vaniglia... chiusi gli occhi e ripensai ai momenti passati insieme in quella stanza, il dolce tepore del suo corpo stretto contro il mio, le prime luci dell'alba che contornavano la sua figura rendendola così simile ad una creatura ultraterrena... suggestionato da quelle visioni che si susseguivano così reali nella mia mente allungai una mano per toccare la sua pelle vellutata, che, nei miei ricordi, rappresentava l'entrata per il paradiso... ma non trovai il suo corpo caldo ad accogliermi... le mie dita sfiorarono qualcosa di freddo, aprii gli occhi e scorsi un piccolo bagliore tra le lenzuola, abbandonato tra le coperte, giaceva l'anello che avevo donato ad Aurora il giorno in cui le avevo chiesto di sposarmi.
Un pensiero mi colse all'improvviso folgorandomi... “possibile che...” andai nella cabina armadio alla ricerca della borsa dove Aurora custodiva gelosamente i suoi documenti, cercai tra gli scaffali, rovistando nelle pile di vestiti ancora in ordine ma non riuscii a trovarla, allora passai al setaccio gli indumenti che erano sparsi sul pavimento, ma non vi era traccia della borsa, né dei documenti che essa custodiva... trovai invece, aperta sotto una pila di indumenti, l'agendina con i numeri di telefono che portava sempre con sé... ora ne ero quasi sicuro... Aurora era scappata da me... da sola nel cuore della notte era corsa fuori da quella casa e dalla mia vita senza neanche dirmi addio. Che cosa poteva mai averla spinta a comportarsi così?
Sentii delle voci provenire dal basso, finalmente, anche Karim e Jasmine mi avevano raggiunto, forse loro, con la mente molto più lucida della mia, avrebbero potuto darmi quelle risposte alle domande che inutilmente facevo a me stesso.
Anuar? Sei di sopra?”
Sì Karim... sono qui”
hai trovato qualcosa che possa aiutarci in quel caos?”
credo di sì... ho trovato l'anello di fidanzamento che le avevo regalato, era abbandonato tra le lenzuola... e poi non ci sono più i suoi documenti, penso che se ne sia andata... ma perché?”
non so che dirti amico mio...”
karim... Anuar... potete raggiungermi? Credo di aver trovato qualcosa...” la voce squillante di Jasmine ci raggiunse dai piedi delle scale e ci precipitammo di sotto.
che hai trovato Jasmine?”
questo..” tra le mani stringeva il bicchiere che Aurora era solita tenere sul comodino.
do... dove l'hai trovato?”
proprio qui... vicino alla porta del terrazzo, era lì appoggiato contro il muro, come se fosse rotolato sin qui da chissà dove...”
Anuar... penso di aver capito che cosa sia successo quella notte... secondo me Aurora, aveva sete, si è alzata per andare a prendere l'acqua, probabilmente ha sentito le nostre voci provenire dal terrazzo, si è avvicinata per venire da noi e ci ha sentiti parlare del tuo imminente matrimonio con Jasmine ed è scappata via...”
La verità di quelle parole mi colpì come uno schiaffo in pieno viso, come avevo fatto a non pensarci prima, non avevo mai parlato ad Aurora del mio presunto matrimonio con Jasmine, per non farla agitare non le avevo mai detto nulla, probabilmente quella notte ci aveva uditi parlare sulla grande terrazza e sentendosi tradita, aveva gettato l'anello ed era fuggita... se solo non fossero arrivate le guardie di mio padre sarei arrivato molto prima a quella soluzione ed avrei potuto evitare tutta quella sofferenza.
perché non è venuta a chiedermi spiegazioni, perché è scappata via come un ladro nella notte...”
Anuar... aspetta un bambino, sai che sono i suoi ormoni a dettar legge... non disperarti, sono sicura che sta bene e che riuscirai a trovarla, ed allora potrai chiarire tutto quanto... mi dispiace di essere stata la causa della vostra sofferenza...”
No Jasmine... tu non hai colpa, sono stato io a combinare questo pasticcio, avrei dovuto dirle che ero promesso ad un altra donna ed ora pago le conseguenze dei miei errori... spero solo che stia bene”
stai tranquillo Anuar, sono sicura che sta bene... me lo sento, ed ora corri... corri da lei e non permettere a niente e nessuno di dividervi”
grazie Jasmine... te lo prometto!”
che ci fai ancora qui? Devi prendere un aereo, almeno credo di aver capito”
sì Karim, hai capito bene... ma voi non venite con me? Se resterete da queste parti mio padre vi troverà e non oso pensare che cosa possa fare di voi, dopo che avrà scoperto che mi avete aiutato nella fuga”
non preoccuparti per noi Anuar, so badare a me stesso, e poi non sarebbe prudente prendere l'aereo tutti assieme... ho un paio di cose ancora da sistemare qui, ti raggiungeremo appena le acque si saranno calmate, e poi penso che ci trasferiremo in Sinai, ho un cugino che abita lì, mi sono messo in contatto con lui ed è disposto ad aiutarci, non poteri mai lasciare questa terra... fa parte di me, non sarei lo stesso lontano da qui”
ancora una cosa... Artax... e questa casa...”
non preoccuparti, penserò a tutto io”
mi mancherai...”
anche tu mi mancherai Anuar, ma saprai sempre dove trovarmi se avrai bisogno di me... ed ora vai... corri da lei”
Abbracciai stretto Karim, diedi un bacio a Jasmine e mi avviai verso la porta.