mercoledì 16 marzo 2011

capitolo 21 Il lago salato

La mattina dopo come convenuto con l’agenzia la mia guida era ad aspettarmi nella hall dell’hotel.
Il suo nome era Hamed e a vederlo non doveva avere più di vent’anni. Avrei voluto richiamare l’agenzia che me lo aveva mandato per chiedere un accompagnatore con un po’ più di esperienza, ma avrebbero forse frainteso il motivo della mia richiesta e lui avrebbe potuto passare dei guai, o addirittura perdere il lavoro.
Lo osservai a lungo, sembrava un bravo ragazzo...e nei suoi profondi occhi neri trovai ogni valida ragione per potergli affidare la mia vita.
Lasciammo l’albergo immettendoci nel traffico caotico della metropoli. Sembrava che la gente in questa città non dormisse mai e a qualsiasi ora si decidesse di partire si finiva sempre per essere inghiottiti da un lungo serpentone di svariati mezzi che attraversava tutta la città.

Mi parve di scorgere tra i grandi palazzi di cemento il profilo conosciuto di una struttura affascinante e unica ... era la grande piramide di Cheope che da oltre 5000 anni dominava incontrastata la piana di Giza, e poco piu’ avanti comparve anche quella di Chefren. La sola che non mi riuscì di vedere fu quella di Micerino che essendo molto più piccola delle altre rimaneva nascosta dietro di esse.
Nonostante fossi stata in Egitto svariate volte quello spettacolo mi lasciava sempre a bocca aperta.
Ci stavamo dirigendo in una zona periferica, i palazzi avevano lasciato il posto a baracche fatte di assi e pezzi di lamiera, e la strada seppur asfaltata era piena di grosse buche… Hamed faceva di tutto per cercare di evitarle ma ogni tanto mi ritrovavo a sbattere con la testa sul tettuccio del vecchio fuoristrada. Cominciai a pensare che non fosse stata poi una buona idea quella di partire per quel viaggio massacrante nelle mie condizioni.
Dopo più di un’ora di viaggio arrivammo al limitare del deserto, la strada davanti a noi, ormai completamente sgombra, come per magia divenne sabbia, una lunga linea scura che tagliava in due le dune color ocra di quell’immenso mare ondeggiante...il mio futuro era tra quelle pieghe dorate....e nel mio cuore rinacque la speranza....Anuar...
L’agenzia a cui mi ero affidata per l’organizzazione del viaggio, era stata molto scrupolosa, aveva previsto per quel primo giorno il pernottamento in un piccolo campo attrezzato nell’oasi di Baharya. 
Quando Hamed mi accennò la cosa, mi ribellai alla sola idea, volevo raggiungere il cuore del deserto ed iniziare la mia ricerca il prima possibile, ma dopo il lungo viaggio su quel terreno accidentato, ringraziai la loro saggia decisione.
Quando entrai nella piccola costruzione che mi avevano riservato il grande letto mi sembrò un miraggio, in fondo una notte non era poi così tanto tempo, ne avrei avute di notti per dormire sotto le stelle dentro uno scomodo sacco a pelo!
Pranzai nella grande sala comune, non c’erano molti turisti nel campo oltre a me. Dopo pranzo tornai nella mia stanza, e mi stesi sul letto a riposare, avevo la schiena a pezzi.
Mi svegliai completamente fradicia, il caldo nella stanza era soffocante, sentivo le gocce corrermi lungo la schiena e nell’incavo dei seni, cercai di accendere il piccolo condizionatore, ma non dava segni di vita, l’unica soluzione era una doccia fresca, ma l’acqua era scarsa e intrisa di sabbia.
Sopra la porta del bagno un cartello ingiallito e scolorito dal tempo diceva che la corrente elettrica nel campo veniva erogata dopo il tramonto e raccomandava di usare l’acqua solo se strettamente necessario, era logico che razionassero quelle poche risorse che avevano, dovevano farlo se volevano sopravvivere, avrei dovuto pensarci.
Mi rivestii e andai a fare un giro nelle vicinanze, sentivo il bisogno di sgranchirmi le gambe pesanti per le lunghe ore passate seduta in auto.
Seguii un piccolo sentiero che costeggiava il campo e dopo qualche centinaia di metri mi trovai a passeggiare sulla riva sabbiosa di un piccolo lago, sull’altra sponda, un palmeto ondeggiava smosso da una lieve brezza, mi tolsi le scarpe e proseguii lungo la riva.
Il sole stava tramontando dietro le colline di sabbia, mentre il piccolo specchio d’acqua prendeva fuoco davanti ai miei occhi.

Mi sedetti sulla sabbia umida, dal piccolo isolotto al centro del lago centinaia di uccelli bianchi si alzarono in volo all’unisono. Rimasi incantata da quel paesaggio da mille e una notte sentendomi un tutt’uno con la natura tutto intorno a me.
Non sentii i passi avvicinarsi, “buonasera signorina... finalmente l’ho trovata, non dovrebbe andare in giro da sola...”
Girai il viso verso la voce, Hamed era dietro di me quasi imbarazzato per aver interrotto quel momento magico tra me e la natura. 
“ciao Hamed, non devi preoccuparti per me... so badare a me stessa! Questo posto è bellissimo” gli risposi sorridendo.
è un lago salato... qui gli uccelli vengono a riposarsi prima di continuare la loro migrazione verso sud...”
sale... ecco che cosa sono quelle cristallizzazioni che ho visto sulla sabbia... ma cosa hai?” se ne stava lì dietro di me strusciando le mani l’una contro l’altra come se fosse in procinto di chiedermi qualcosa ma non avesse il coraggio di farlo.
ecco... mi chiedevo se le andrebbe di venire a prendere il thè a casa mia, io abito qui vicino coi miei genitori”
sarebbe un onore per me Hamed... grazie dell’invito” sapevo che un mio rifiuto l’avrebbe offeso. Gli arabi tenevano molto a dimostrare la loro ospitalità, mi aiutò a rialzarmi e fece strada verso la macchina.
Fermò la Jeep sul ciglio della strada vicino ad una costruzione fatiscente che compresi essere la sua casa. Entrammo nel piccolo cortile dove per l’occasione erano stati stesi a terra tappeti colorati e cuscini di varie dimensioni. 
Vennero tutti ad accoglierci sulla soglia di casa e Hamed mi presentò orgoglioso il suo piccolo clan.
Quella gente pur essendo poverissima mi accolse in casa propria con gioia e condivise con me quel poco che aveva.. mi trovai a pensare a chi dalle mie parti pur avendo tutto sarebbe stato disposto a fare altrettanto per degli sconosciuti.
I bambini erano bellissimi, facevano a gara per contendersi il posto vicino a me, e i loro profondi occhi scuri sembravano voler scrutare fin dentro la mia anima.
La famiglia di Hamed insistette perchè mi fermassi a cena con loro, fu un pasto delizioso, rallegrato dalle risa dei bambini. Il pane cotto nel forno a legna aveva un sapore di tempi lontani, di cose genuine e i datteri col loro gusto zuccherino sembravano sciogliersi al contatto col palato.
Mi sorpresi ad invidiarli, a loro bastavano poche cose per essere veramente felici, a noi occidentali che invece potevamo contare su tutto non sapevamo apprezzare niente di ciò che avevamo.
Finita la cena sgombrarono il cortile, e dopo aver acceso un falò nel mezzo dello spiazzo si esibirono in canti e balli attorno al fuoco.
Fu una splendida serata, li ringraziai di cuore per aver condiviso con me le loro tradizioni e la loro gioia di vivere, e a malincuore salii sull'auto che mi avrebbe riportata al campo.

1 commento:

dany ha detto...

wow! sei fantastica!!!!1 altri due capitoli!!!! io ti adoro :)
la storia si fa sempre più interessante! ti ho già detto che scrivi benissimo?
a presto