Aurora
Era passata più di una settimana da quando ero tornata a casa, Alex era venuto a trovarmi tutti i giorni... non appena le luci dei lampioni si accendevano lungo la strada, l'allegro scampanellio mi avvertiva che lui era arrivato, con se aveva sempre le borse della spesa, che ormai per abitudine ordinavo telefonicamente a sua nonna, ed un film da vedere insieme.
Pur essendo un ragazzino con lui mi sentivo bene, aveva letto dentro la mia anima il dolore che mi schiacciava verso il suolo e cercava in tutti i modi di farmi uscire da quel labirinto senza uscita che era diventata la mia vita, senza insistere per cambiarmi, ma standomi vicino e confortandomi come solo la leggerezza dovuta alla sua giovane età sapeva fare.
Senza accorgermene aspettavo per tutta la giornata il momento in cui lui sarebbe arrivato, la sua presenza mi aiutava a mettere da parte, almeno per poche ore la malinconia che come una sciarpa troppo stretta sentivo stringermi alla base del collo, quando c'era lui il nodo si allentava dandomi la possibilità di inalare quell'aria fresca che portava dentro di se e che mi faceva sentire leggera come una piuma catturata dal vento, ma il nodo si riformava non appena varcava quella porta che conduceva in un mondo reale, un mondo in cui ora più che mai mi sentivo un estranea e con cui rifiutavo di confrontarmi.
Ma purtroppo niente dura per sempre... la scuola incombeva su di noi, le vacanze stavano finendo ed Alex dovette ritornare a casa per riprendere i suoi studi lasciandomi sola con i miei fantasmi che diventavano ogni giorno sempre più grandi.
La signora Smith, avvertita da Alex delle mie condizioni, si prodigava in mille modi per non farmi mancare nulla e quasi ogni sera, prima di tornare a casa dal lavoro, passava da me a portarmi la spesa e a sincerarsi delle mie condizioni... ed ogni sera la rassicuravo dicendole che stavo bene, anche se riuscivo a cogliere il lampo di preoccupazione che il mio stato scatenava nei suoi occhi.. sapevo che non era la mia gravidanza a preoccuparla bensì quello che si nascondeva dietro al mio sguardo triste, era sempre stato così, i miei occhi mi avevano sempre tradita, erano come un libro aperto per chi sapeva leggerli, uno specchio che rifletteva la tristezza della mia anima.
Mi stavo completamente lasciando andare.
La notte rimanevo sveglia sino a tardi a guardare vecchi film in TV, finché esausta i miei occhi non cedevano al sonno... avevo preso l'abitudine di non dormire mai in camera da letto, sebbene il divano nelle mie condizioni fosse scomodo, non riuscivo a tollerare l'idea di risvegliarmi ancora una volta sola in un letto enorme.
Di giorno non facevo che dormire... mi alzavo dal divano, che ormai era diventato tutta la mia casa, solo quando era strettamente necessario, il resto dei mobili nella casa era ancora coperto di teli bianchi, che nella penombra mi ricordavano tanti paracadute abbandonati al loro destino in un prato... in cucina i piatti sporchi giacevano in pile disordinate nel lavello, ma non mi importava... non mi importava più di niente, a che serviva avere una casa pulita ed in ordine se l'unica persona che poteva vederla ero io?? mi sentivo persa in quella grande casa che odorava di polvere e ricordi.
Senza Anuar il mondo intorno a me non aveva più senso, più i giorni passavano e più sentivo la sua mancanza... sognavo i suoi occhi verdi, il suo splendido viso che con un sorriso sapeva illuminare la mia vita, ma al mio risveglio lui non era più vicino a me ed io mi sentivo come se ad un tratto qualcuno avesse spento il mio sole personale, ero come una bussola che ad un tratto avesse perso il suo nord, un pianeta che aveva perso la sua orbita e vagavo senza meta nella notte buia della mia anima devastata in cerca di quella luce che sapevo non avrei mai più rivisto, ma che mi ostinavo a cercare con tutte le mie forze.
Il cellulare che un tempo rimaneva acceso giorno e notte giaceva spento sul tavolino di fronte a me dal giorno in cui ero tornata, avevo paura, paura di accendere quell'apparecchio infernale e di trovare una sua chiamata, non sarei riuscita a resistere al richiamo della sua voce, una musica per il mio cuore infranto, o forse era proprio la paura di non trovarla, di capire che non contavo poi molto per lui, che mi tormentava... ed il telefono rimaneva lì... immobile... una macchia nera sul tavolo immacolato del salotto, la polvere che inesorabilmente ricopre tutto col passare dei giorni aveva formato una pellicola grigiastra su quei tasti che insieme rappresentavano paradiso ed inferno... accendere il telefonino sarebbe stato come aprire il vaso di Pandora... finché fosse rimasto spento potevo avere ancora la forza di sperare. Passavo giornate intere a torturarmi con questi dubbi.
Quando la disperazione era così forte da schiacciarmi, ed iniziavo ad arrendermi ad essa, il bambino come per magia si muoveva dentro di me, con i suoi calci, leggeri come un battito d'ali di farfalla, mi faceva sentire la sua presenza, era il suo modo speciale di ricordarmi che non ero sola, che non lo sarei mai più stata, o almeno così mi piaceva pensare, e questo mi dava la forza per continuare a vivere o almeno per provare a farlo.
3 commenti:
Non ho parole... intenso, profondo, in una parola fantastico. Sicuramente uno dei pezzi scritti meglio... bello,
Sì, anch'io sono d'accordo con Stefy, molto bello ed intrspettivo questo pezzo, brava Baby!
come soffre poverina.....e noi con lei.... <3 <3 <3 <3 <3
Tornerà il suo sole?
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