Anuar
Guadando fuori dal finestrino riuscii a distinguere il profilo conosciuto delle montagnole che segnavano il confine del nostro territorio, ancora qualche km e poi avremmo dovuto proseguire a cavallo, non era possibile addentarsi in quella parte di deserto su di una macchina, i residui di ferro che facevano capolino dai cumuli di sabbia avrebbero potuto trinciare le gomme.
Dopo pochi minuti, come avevo previsto giungemmo alla piccola cerchia di capanne, il nostro serraglio, dove ci aspettavano i cavalli... quello che non mi aspettavo di vedere era il mio adorato cavallo, ed invece era lì... splendido nel suo manto nero come una notte senza luna, si distingueva in mezzo agli altri per il portamento fiero... Artax era un purosangue arabo, l'avevo avuto in dono da mio padre, per il mio compleanno due anni prima, quando ancora era solo un puledro, l'avevo addestrato ed era diventato il miglior cavallo del regno.
Quando mi vide iniziò a sbruffare dilatando le narici... mi corse incontro e appoggiato il suo splendido muso sulla mia spalla iniziò a spingermi all'indietro in cerca del suo premio.
“dovrai accontentarti solo di qualche carezza amico mio... non ho niente con me, non sapevo che saresti stato qui ad aspettarmi!” gli dissi accarezzando quel muso vellutato su cui spiccavano due occhi scuri di un'intelligenza incredibile, per me era come un fratello, ero sicuro che capisse ogni cosa ed ero convinto che anche questa volta avesse intuito il mio stato d'animo.
“Anuar... sei pronto.. possiamo partire?”
“sì certo!”
Strinsi nel pugno le redini che pendevano sul suo dorso e con un balzo saltai in groppa a quello splendido animale... partimmo al galoppo sollevando tutto attorno a noi nuvole di sabbia, il vento mi scompigliava i capelli che fuggivano ribelli da sotto il turbante.. quell'aria che mi graffiava il viso.. la furia della corsa... mi davano una grande sensazione di libertà, mi sentivo un tutt'uno con la natura selvaggia che mi circondava, e per un momento... un solo brevissimo istante... la morsa che aveva stretto il mio cuore nelle ultime ore sembrò dissolversi nel vento. Corsi insieme al mio fiero destriero verso quella meta che entrambi conoscevamo a menadito... ma durò poco la mia felicità... non appena all'orizzonte si profilarono le dune dove ero solito piazzare il campo, le stesse dove io ed Aurora avevamo passato i nostri primi giorni assieme, quell'enorme macigno che si era piazzato nel mio petto al posto del cuore da quando lei era sparita, tornò a pesare dentro di me ancor più di prima.
Dopo qualche tempo vidi comparire di fronte a me la sagoma scura della montagna di cristallo, situata al confine tra "deserto bianco" e "deserto nero" era la custode della via d'accesso per giungere ad Akhetaten, era stata la giovane regina fuggita da Tebe migliaia di anni prima a volerla chiamare così, come la città fatta costruire da suo padre e distrutta dai suoi successori di cui rimanevano, uniche vestigia di un passato splendore, solo le fondamenta del palazzo di Nefertiti e una delle colonne del grande tempio di Aton.
Ormai la vecchia città non esisteva più, i vecchi edifici in età faraonica, distrutti dal passare del tempo erano stati soppiantati da costruzioni di paglia e fango e la città era diventata una kasbah fortificata che si mimetizzava perfettamente tra le sfumature color ocra della sabbia... solo ad un occhio esperto, come quello dei suoi abitanti, era ben visibile, per il resto del mondo non esisteva... anche perchè erano ben poche le persone disposte ad avventurarsi oltre in quella landa torrida e desolata... e comunque non sarebbero mai giunti così vicino da capire che quella roccia dalle forme strane che stavano osservando in realtà era una vera e propria città, il nostro corpo di guardia serviva a questo, a non permettere ai curiosi di giungere troppo vicino a noi.
Il sole stava tramontando all'orizzonte quando giungemmo in vista della città... dovevamo affrettarci se volevamo entrare all'interno delle mura, non appena l'ultimo raggio di luce fosse scomparso dietro l'orizzonte le grandi porte sarebbero state chiuse e l'accesso alla città interdetto sino all'alba del giorno dopo.
Quella era l'unica tradizione ancora in vigore da migliaia di anni, essendo la città dedicata all'aspetto luminoso del sole, ogni attività veniva interrotta col giungere della notte, questo aveva voluto a suo tempo Akhenaton e questo era ancora il volere dell'attuale Faraone, ovvero mio padre.
Riuscimmo a varcare la soglia del grande portone di legno giusto un attimo prima che anche l'ultimo raggio di sole calasse oltre l'orizzonte, per strada non trovammo anima viva, tutti gli abitanti a parte le guardie si erano già ritirati nelle loro case.
Lasciai Artax nelle mani fidate di Karim e del suo stalliere, non potevo permettermi di perdere tempo prezioso, e percorsi le ultime centinaia di metri che mi dividevano dal palazzo reale correndo come un forsennato... se fossi riuscito a parlare subito con mio padre forse sarei potuto ripartire l'indomani mattina all'alba... il cuore mi martellava nel petto per lo sforzo, mi fermai un secondo per riprendere fiato, ne avevo bisogno se volevo parlare, non potevo di certo presentarmi di fronte a lui col fiato corto come un ladro scoperto nel momento della fuga.
Quando arrivai di fronte alla stanza di mio padre, le sentinelle di guardia alla sua porta incrociarono le loro alabarde di fronte a me impedendomi di proseguire.
“altolà...”
“sono il principe Anuar... devo parlare con mio padre immediatamente”
“abbiamo ordine di non lasciare entrare nessuno sino a domani mattina”
“sono sicuro che non solleverà obiezioni quando saprà che sono io!”
“No principe Anuar... il faraone non è solo e non desidera essere disturbato da nessuno in questo momento...”
“ma è stato lui a mandarmi a prendere e a farmi condurre sino a qui”
“mi dispiace ma questi sono i suoi ordini”
Dalla porta alle loro spalle provenivano delle risatine nervose, doveva essere in compagnia di una delle sue concubine, pensai a mia madre, segregata in solitudine in una parte di quel grande palazzo, dimenticata da quell'uomo che un giorno giurò di amarla per tutta la vita, mentre lui se la spassava con altre donne tranquillamente sotto il suo naso... in quel momento detestai mio padre e tutto quello che rappresentava. Scrollai la testa rassegnato... purtroppo il mio sogno di ripartire all'alba era svanito di fronte a quella porta chiusa.
Erano un paio di mesi che mancavo da casa e già erano bastati per intuire che qualcosa era cambiato dal momento della mia partenza, o forse ero io ad essere cambiato... quello che un tempo mi sembrava normale o di vitale importanza ora non aveva più alcun significato per me, non se il prezzo da pagare era la mia felicità accanto alla donna che amavo... ero disposto a rinunciare a tutto pur di non perdere lei.
1 commento:
Un pezzo da mille e una notte ... l'ho letto tutto d'un fiato. La descrizione è così magica e coinvolgente da lasciare senza fiato! Bellissimo ... Artax... ;)
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